Significato dell’empatia. Che cos’è l’empatia: superpotere o eccessiva sensibilità?

Vi è mai capitato di commuovervi mentre guardavate un film?
O di correre da una vostra amica per darle il vostro aiuto, poiché ne aveva davvero bisogno?
O ancora di piangere perché qualcun altro lo faceva?
Sicuramente sarà capitato a tutti voi di trovarvi in una di queste situazioni.
Perché lo avete fatto?
Vi siete mai chiesti cosa vi spingesse a provare esattamente quello che provava l’altra persona?

Io in passato me lo sono chiesta eccome.
Mi sono chiesta come mai riuscissi a sentire quello che l’altro sentiva; come mai una cosa che riguardava qualcun altro toccava profondamente anche me.
Me lo sono chiesta sino a quando non mi sono imbattuta nel significato di una parola che oggi forse tutti siamo soliti utilizzare: empatia.

Ma qual è il significato dell’empatia? Che cosa significa questa parola?

Una parola così carica di significato che spesso mi chiedo “Quanti possono dire di conoscerlo per davvero?”.

Oggi parleremo dunque di questo “superpotere”, come viene spesso definito da molti.
Io preferisco parlare dell’empatia come di una bellissima esperienza, invece.
Un’esperienza che racchiude in sé l’eccezionalità di essere esseri umani.

Significato dell’empatia: che cos’è l’empatia e come si sviluppa

L’empatia è quella capacità, straordinaria aggiungerei, che ci consente di ascoltare l’altro.
E per “ascoltare” non si intende il semplice udire o il prestare attenzione a ciò che si percepisce con l’udito.
O almeno non solo.
Si intende la capacità di andare oltre.
Oltre a quello che viene detto con le semplici parole.
Prestare attenzione anche al linguaggio non verbale, ai gesti, alle sfumature delle espressioni facciali che danno rilievo al contenuto emotivo della comunicazione.

Quella capacità dunque che ci permette anche di chiederci: “Cosa sta tentando di dirci questa persona?”
“Come si sente mentre questo avviene?”.

Affinché noi tutti riusciamo a porci queste domande è necessario dunque ascoltare “attivamente” l’altro, ma soprattutto metterci nei suoi panni.
È necessario essere capaci di sintonizzarci, e così di comprendere gli stati emotivi e cognitivi dell’altro, sospendendo però qualsiasi tipo di giudizio ed ogni forma di interpretazione.

Probabilmente vi starete chiedendo: cosa c’è alla base dell’empatia?
Cos’è che ci consente dunque di entrare così in sintonia con l’altro, di sentire quello che sente l’altro?

Empatia: la causa sono i neuroni specchio

Secondo una prospettiva neurobiologica alla base dell’empatia sembrerebbe esserci l’attivazione, all’interno del sistema motorio, di alcuni specifici neuroni: i neuroni specchio, denominati tali per le loro peculiari caratteristiche.
Questi, come si evince da alcuni esperimenti fatti sulle scimmie, si attiverebbero nel momento in cui compiamo un’azione, mentre osserviamo l’altro avere un comportamento o anche di fronte ad un’azione mimata, anticipando e simulando gli atti successivi concatenati all’azione osservata.

Sono dunque i neuroni specchio a consentire al cervello di mettere in relazione i movimenti osservati permettendo così il riconoscimento degli altri e delle loro azioni intenzionali?
Esattamente.

Cuccio*, Carapezza* e Gallese* affermano come questo sia dunque “un meccanismo di simulazione incarnata” che costituisce un canale di accesso immediato, pre-riflessivo, e pre-concettuale alle azioni altrui.

*Cuccio: Dottore di ricerca in Filosofia del Linguaggio e della Mente, attualmente titolare di un assegno di ricerca in Filosofia del Linguaggio presso il Dipartimento Fieri. Ha pubblicato il volume Dire lo spazio. Linguaggio spazialità e sindrome di Williams (Catania 2008).
*Caparezza: Professore associato di Filosofia e teoria dei linguaggi, Dipartimento Scienze Umanistiche, Università di Palermo.
*Gallese: Neuroscienziato cognitivo, è uno degli scopritori dei neuroni specchio.

Un sistema che permette anche che le azioni eseguite e percepite non siano prive di una connotazione emotiva.

Come non immedesimarsi in modo spontaneo, fisico e viscerale, dunque, se il solo guardare volti disgustati o sofferenti determina un’attivazione di questi specifici neuroni?

Questi neuroni inviano alle aree somato-sensoriali segnali del tutto simili a quelle che inviano quando il sentimento di disgusto o dolore sono nostri, ovvero sperimentati da noi.
Informazioni queste che finiscono nell’insula, il luogo centrale dove il meccanismo-specchio si compie: è così che le emozioni dell’altro vengono qui velocemente codificate, discriminate e infine vissute, neurofisiologicamente, come fossero nostre.

Ma attenzione, la questione non finisce qui.
Se fosse questa l’unica spiegazione all’empatia, dovremmo allora essere tutti empatici.
E come ben sappiamo, questo non corrisponde alla realtà.

Significato dell’empatia. L’influenza dell’intersoggettività

Non tutte le persone quindi hanno la capacità di immedesimarsi nel vissuto emotivo altrui, perché se è vero che esiste un processo neurofisiologico primitivo che consente sin dai primi momenti di vita l’instaurarsi e il consolidarsi dei primissimi legami interindividuali, attraverso una forma rudimentale di empatia, è anche vero che questo non comporta automaticamente un vissuto di compassione o pietà.
Questi sentimenti, evidentemente, dipendono da altro, come i fattori relazionali e la motivazione personale, e sono proprio questi due aspetti a determinare una vera compartecipazione emotiva.

Da quanto detto si deduce dunque che la capacità empatica, indispensabile allo sviluppo dell’ascolto attivo dell’altro, non possiede solo una base neurobiologica.

Fondamentale importanza hanno anche le relazioni primarie di attaccamento, poiché come afferma la teoria dello sviluppo contemporanea, altrettanto innata è l’adattiva capacità dell’uomo di entrare in interazione con la propria figura di attaccamento sin dai primi giorni di vita.
Affinché nelle prime fasi di vita si instauri un processo intersoggettivo ottimale, risulta essere fondamentale a sua volta la capacità empatica di chi si prende cura del bambino.
Quella capacità di cogliere ed accogliere il suo mondo interno attraverso i segnali che questo invia.

Come prescindere dunque dal ruolo svolto dalle relazioni primarie, se queste costituiscono una sorta di palestra nella quale non solo si pongono le basi per lo sviluppo della capacità empatica, ma si creano anche i presupposti per la crescita di un Sé autentico?
Non si può.

L’empatia nella pratica psicoterapica e in psicoanalisi.

L’empatia, da un punto di vista psicoanalitico, risulta essere anche motivata da un desiderio conscio del soggetto di percepire il mondo interno dell’altro, per condividerne i sentimenti e gli stati d’animo. E’ parte integrante della prassi terapeutica, strumento operativo dello psicoanalista, che è chiamato al contempo al mantenimento di una adeguata distanza relazionale, che eviti il rischio dell’eccessivo coinvolgimento e della perditadel ruolo e delle funzioni terapeutiche.

In tale prospettiva l’empatia consente al terapeuta non solo di “sentire” l’altro, accedendo agli ambiti della sua vita psichica, di per sé estranei alla sua esperienza, ma anche di riscoprire parti di sé fino allora sconosciute, contenuti inesplorati o “latenti”.

L’empatia in sintesi

Risulta interessante vedere e ricordare, dunque,  quanto radicato e profondo sia il legame che ci unisce agli altri e quanto altrettanto bizzarro sia concepire un Io senza un Noi.

L’empatia sembra proprio caratterizzarsi imprescindibilmente dalla capacità umana, in parte innata e in parte appresa, di rispecchiamento con l’Altro … in tutti i sensi.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:

  • AMMANITI M., GALLESE V., La nascita dell’intersoggettività. Lo sviluppo del sé tra psicodinamica e neurobiologia, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014
    • ONNIS L., Una nuova alleanza tra psicoterapia e neuroscienze. Dall’ intersoggettività ai neuroni a specchio. Dialogo tra Stern e Gallese, Franco Angeli, Milano, 2015
    • RIZZOLATTI G., SINIGAGLIA C., So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2006 BONINO S. & LO COCO A. & TANI F., Empatia. I processi di condivisione delle emozioni, Giunti Editore, Firenze, 2010

Di PAGINE BLU DEL 21 MAGGIO 2019 PSICOLOGIA