Il termine “stalking” indica l’appostamento del cacciatore che bracca la sua preda. Oggi costituisce uno dei delitti più gravi e ricorrenti nella cronaca nera.
Se tutti ormai credono di sapere cosa sia uno stalker, pochi possono altresì affermare di conoscere esattamente la legge che lo punisce, i rimedi che essa offre, gli strumenti che mette a disposizione delle vittime, le quali, se vi facessero ricorso, interromperebbero il circolo psicologicamente devastante in cui invece cadono.
I presupposti del reato sono due: la condotta del persecutore e l’evento nella vittima, ossia cosa lo stalker riesce a provocare con il suo comportamento.
La condotta è ritagliata sostanzialmente su due modelli: la molestia e la minaccia, che già di per sé sono considerati reato; ciò che poi caratterizza lo stalking e che lo rende un reato molto più grave, è il modo in cui reagisce la vittima alle molestie e alle minacce patite dal persecutore.
Per molestia si intende un qualsiasi comportamento idoneo ad arrecare fastidio a colui che ne subisce le conseguenze. La molestia nello stalking consiste in quella alterazione fastidiosa ed importuna dell’equilibrio psichico della persona che la subisce e può essere prodotta con qualsiasi modalità (sorvegliare, aspettare, inseguire, raccogliere informazioni sulla vittima e sui suoi movimenti, intromettersi nei suoi ambienti, appostarsi sotto casa o presso il luogo di lavoro, pedinarla, tentare di contattarla col lettere, telefonate, sms, e-mail, lasciare messaggi in ufficio, a casa) tale da implicare la compromissione della sua tranquillità personale e libertà morale.
La minaccia invece è la prospettazione di un male futuro ed ingiusto, la cui verificazione dipende dalla volontà del soggetto attivo, ossia del persecutore stesso. Ma non è sufficiente che quest’ultimo ponga in essere un solo atto: il reato deve essere abituale e la sua condotta reiterata, ossia si ripeta nel tempo.
Quanto alle reazioni suscitate dallo stalker nella vittima (evento), queste sono ben delineate dall’articolo del codice penale che punisce gli atti persecutori:
- un perdurante e grave stato di ansia o di paura nella vittima;
- un fondato timore per la propria incolumità o per quella di persone a lei vicine;
- l’alterazione delle abitudini di vita della vittima.
Lo stalker: i profili
Lo stalking viene spesso esercitato da soggetti affetti da disturbi dell’umore o della personalità, fino alle vere e proprie psicopatologie come la schizofrenia o il delirio erotomanico.
La ripartizione più nota prevede comunque cinque tipi diversi di stalker:
- il bisognoso d’affetto: indirizza i suoi sforzi nella ricerca di una relazione, o quanto meno di attenzioni, in forma di amicizia o di amore e quando trova, anche casualmente, una persona che ritiene adatta, la approccia. La sua pericolosità sta nel suo totale distacco dalla realtà: non accetta indifferenza o rifiuti e li interpreta come seduzioni dell’altro, essendo convinto che la vittima, prima o poi, cederà;
- il risentito/respinto: in questa classificazione si inseriscono gli ex partner lasciati. La persecuzione è più accettabile della perdita totale dell'”oggetto” amato per cui, “se non puoi essere mio/mia, non sarai di nessun altra/o”;
- il corteggiatore incompetente/inadeguato: la sua condotta è finalizzata a stabilire una relazione sentimentale, ma possiede un’abilità relazionale nulla o scarsa e, per contro, dimostra comportamenti oppressivi, insistenti, che possono tracimare in aggressività e violenza. Il problema più acuto di questo tipo distalker sta nel suo continuo andirivieni, al di qua e al di là, del lecito: manda regali, cioccolatini, poesie, ma turba e fa soffrire la vittima che, quasi, deve aspirare a qualche danneggiamento o minaccia esplicita per poter finalmente essere creduta e sporgere querela;
- il rancoroso: sostiene di aver subito dei torti, o un rifiuto, e pertanto agisce per difendersi da presunti persecutori o vendicarsi di quanto occorsogli, quindi si sente invariabilmente giustificato nel proprio comportamento. Talvolta la vittima impersonifica solo il simbolo delle persone che hanno tormentato e umiliato lo stalkerin passato, e pertanto viene scelta in modo del tutto casuale;
- il predatore: raro ma pericolosissimo, perchè ambisce a un rapporto sessuale che, date le premesse, si trasforma immediatamente in una violenza. Lo eccita la paura altrui e la molestia diventa il suo tentativo di difesa dalla ferita narcisistica suscitata da un abbandono, ma causale è la vittima e altrettanto casuale l’incontro.
Che cosa fare per tutelarsi?
Chi si trovi a subire attenzioni non gradite ha a disposizione almeno tre strumenti offerti dalla legge a sua tutela.
Il primo utensile giuridico è la diffida stragiudiziale, ossia una semplice lettera, all’interno della quale si diffida lo stalker dal mantenere i comportamenti in oggetto. All’avvertimento deve seguire un’allerta più significativa sotto il profilo legale, per cui la persona verrà informata che se la condotta persecutoria dovesse proseguire, verranno messe in essere tutte le vie più opportune per la tutela del soggetto infastidito. La legge infatti prevede altri due rimedi, che sono la richiesta di ammonimento e la querela vera e propria.
L’ammonimento, da richiedere al Questore (la massima autorità di pubblica sicurezza), può essere domandato solo quando non sia ancora stata proposta formale querela contro il medesimo soggetto: per converso, se un soggetto ammonito viola le prescrizioni impartitegli e avvicina ancora il suo bersaglio, la procedura passa automaticamente nella mani del magistrato, si procede cioè d’ufficio (nel senso che non sarà più necessaria la querela della vittima), scattando vari rimedi ulteriori di legge.
Ben altra cosa è la querela, ossia un atto scritto con il quale la parte lesa da un certo comportamento, chiede all’Autorità giudiziaria di procedere contro il responsabile e punirlo [Sorgato, S. (2014), Giù le mani dalle donne. Mondadori: Milano].
Scritto da: Dott.ssa Cristina Modica