Anche se vorrebbe farlo, il bambino colpito da mutismo selettivo non riesce a parlare. Ciò avviene prevalentemente fuori casa e non dipende da disfunzioni organiche, ma è la risposta ad un forte stato emotivo legato all’ansia.
Nel DSM-5 il mutismo selettivo è stato classificato tra i disturbi d’ansia, a differenza del passato dove veniva classificato tra i disturbi del linguaggio, e di conseguenza è cambiato anche il trattamento che ora si rivolge ad una problematica di ansia e non più ad una problematica linguistica. Può esistere una comorbidità con altri disturbi, per cui si può trovare anche la presenza di un disturbo del linguaggio o un disturbo di altro genere, ma come patologia principale il mutismo selettivo è ascrivibile a un disturbo d’ansia.
Per affrontare l’argomento facciamo riferimento a questo esposto nel sito dell’A.I.MU.SE., Associazione Italiana Mutismo Selettivo, organizzazione volontaria nata a Torino nel giugno 2009 per diffondere la conoscenza di questo disturbo e aiutare le famiglie con bambini che ne soffrono. Il suo impegno è volto a sensibilizzare e stimolare la comunità accademica e scientifica affinché vengano studiate terapie di intervento per la risoluzione del disturbo.
Come si manifesta
Il mutismo selettivo consiste nell’incapacità di parlare in certi contesti sociali, nonostante sviluppo e comprensione del linguaggio siano nella norma. Si manifesta prevalentemente nei bambini e non dipende da disfunzioni organiche, ma è la risposta ad un forte stato emotivo legato all’ansia. La comparsa avviene normalmente intorno ai 4 anni, ossia quando cominciano i primi contatti con il mondo esterno alla famiglia.
Anche se vorrebbe farlo, il bambino colpito da mutismo selettivo non riesce a parlare. Ciò avviene prevalentemente fuori casa, in presenza di estranei, nei contesti che gli risultano più ansiogeni come scuola o asilo. Al contrario a casa, e con le persone con cui si sente a suo agio, si esprime normalmente a volte risultando addirittura un chiacchierone.
I bambini con questo disturbo possono comunicare a gesti e avere difficoltà a mantenere un contatto visivo. Restano immobili, non interagiscono, anche il linguaggio del corpo può risultare impacciato. Sono così ansiosi e impauriti da essere bloccati, è come se si sentissero al centro dell’attenzione e questo aumenta la loro ansia. Questo compromette i rapporti con gli altri, la riuscita scolastica e la loro autostima. Sono molto sensibili al giudizio degli altri e se commettono un errore ne sentono il peso in modo esagerato. Sono pignoli, perfezionisti e abitudinari perché le novità provocano loro ansia. I disagi possono portare a comportamenti quali tic, autolesionismo o esplosioni di ira incontenibile una volta che il bambino rientra nel contesto familiare che sente più rassicurante.
Anche sei più colpiti sono i bambini, possono soffrirne anche adolescenti e adulti. Il bambino, divenuto adolescente, può mantenere difficoltà di interazione sociale risultando spesso, a torto, disinteressate o sprezzante, arrogante e maleducato.
L’incidenza parlerebbe di 1 bambino ogni 140 e più le femmine dei maschi, ma esiste un sommerso difficilmente quantificabile.
Errori di valutazione
Le reazioni collegate al mutismo selettivo possono essere scambiate per timidezza o autismo. In genere si tratta di un disturbo che riguarda bambini molto sensibili e il loro comportamento può essere scambiato per timidezza, quindi spesso il problema non viene riconosciuto, soprattutto nelle fasi precoci, come il periodo della scuola d’infanzia.
Un’errata valutazione di queste manifestazioni determina spesso il loro consolidamento facendo sì che il problema diventi ancora più evidente con l’ingresso alla scuola primaria. A questo punto può accadere che il silenzio del bambino venga interpretato come una non volontà di parlare, una sfida alle regole, alla quale si risponde con tentativi di forzature o punizioni.
Se diagnosticato in modo tempestivo, il mutismo selettivo è generalmente guaribile in tempi relativamente brevi, al contrario, se la diagnosi risulta tardiva, può prolungarsi dando luogo a situazioni difficili da gestire.
Cause e complicazioni
Le cause sono associate a un forte stato di stress, ma ad oggi non sono state individuate in modo preciso. E’ palese che il disturbo si possa ricondurre a cause di tipo emotivo, psicologico e sociale. Non necessariamente il soggetto colpito da mutismo selettivo ha subito forti traumi, sembra che questo disturbo risulti più frequente in bambini che vivono in famiglie socialmente isolate e con problemi di ansia, timidezza e difficoltà nelle relazioni sociali.
Una complicazione è il mutismo progressivo, che comporta una riduzione delle persone e delle situazioni in cui il soggetto parla, fino ad arrivare al caso più grave del mutismo totale, in cui il soggetto non parla più nemmeno con i genitori. Più passa il tempo più il soggetto si isola sentendosi inadeguato e insoddisfatto delle sua vita.
Intervista alla Dottoressa Marta Di Meo
Abbiamo rivolto qualche domanda alla Dottoressa Marta Di Meo, psicologa e psicoterapeuta esperta in mutismo selettivo.
Intervistatore (I): Risulta che il mutismo selettivo si manifesti prevalentemente intorno ai 4 anni, ma si può parlare di un disturbo latente ma congenito?
Marta Di Meo (MDM): Assolutamente si! Il Mutismo Selettivo è un disturbo d’ansia di “tratto”: l’ansia che si manifesta nel “tratto caratteriale” di una persona e non in risposta al solo stimolo esterno. Ovviamente di fronte a degli eventi esterni l’ansia aumenta, ma è presente da sempre nella persona, quindi possiamo definirla come “congenita”. C’è anche una componente di familiarità molto forte, che va a gravare sull’ansia “di base” e che può peggiorare il quadro clinico della persona.
I : Anche in relazione al fatto che risultano esserci contesti familiari che lo favoriscono, si potrebbe parlare di fattori genetici che lo facilitano?
MDM: Anche in questo caso la risposta è affermativa! Solitamente nel Mutismo Selettivo c’è una forte componente di familiarità, così come in generale accade per altre patologie. Si stima che il 50% dei genitori abbia sofferto, in passato, di un disturbo d’ansia e che il 75% dei familiari (nonni, zii) abbia anch’esso familiarità con disturbi d’ansia. Questo significa che la componente di familiarità abbia un ruolo fondamentale: predispone il soggetto al Mutismo Selettivo e crea delle condizioni ambientali tali per cui il disturbo d’ansia sia acutizzato e possa manifestarsi.
I: Può protrarsi fino all’adolescenza o all’età adulta, ma può anche insorgere in adolescenti/adulti che fino a quel momento non avevano dato segnali di soffrirne?
MDM: No, è abbastanza improbabile che possa manifestarsi in adolescenti o adulti che non avevano mai mostrato sintomi di ansia in precedenza. I sintomi sono piuttosto chiari e facilmente riconoscibili: chiusura, corpo bloccato fino alla completa immobilità (il cosiddetto “freezing”), difficoltà nei movimenti spontanei e nel sostenere lo sguardo, corpo in posizione di chiusura, voce bassa o difficoltà ad emettere qualunque tipologia di suono e difficoltà nel rispondere alle domande dirette poste da figure dei pari e dagli adulti. Questi sintomi vengono osservati maggiormente nei contesti scolastici, poiché a casa il bambino riesce a fare tutto in modo del tutto naturale e spontaneo (sebbene nei casi più gravi sia presente una difficoltà anche tra le mura domestiche). Nei contesti scolastici gli insegnanti, i compagni e i ragazzi stessi si accorgono di tali difficoltà, ma spesso scambiano il tutto per “eccessiva timidezza”. Quello che può accadere è che, prendendo consapevolezza di queste difficoltà, l’adolescente si chiuda maggiormente, credendo di non essere in grado di affrontare le varie situazioni sociali.
I: Può essere considerato una fase passeggera che si può risolvere autonomamente?
MDM: Quella di “aspettare del tempo” era una strategia utilizzata in passato, quando non si conosceva bene la patologia e nemmeno l’importanza della cura. Attualmente è sconsigliabile, poiché i casi di regressione spontanea sono molto rari ed il fatto di attendere del tempo potrebbe far sviluppare situazioni ed atteggiamenti negativi al bambino. Può essere considerata una “fase transitoria” quella del “mutismo” nelle fasi di ambientamento ad alcune situazioni specifiche: ad esempio se un bambino inizia un nuovo ciclo scolastico e non parla per qualche settimana, ciò può rientrare nella norma e non essere motivo di preoccupazione per famiglie e scuola. Se tale periodo si protrae e supera il mese, bisogna iniziare a monitorare bene la situazione, poiché potrebbe essere indice di Mutismo Selettivo.
I: Può avere fasi altalenanti in cui il disturbo si riduce e riacutizza o ha un andamento costante? (anche con tendenza a degenerare nei casi di mutismo progressivo o totale)
MDM: Risposta affermativa. Il Mutismo Selettivo peggiora nelle fasi in cui il bambino/ragazzo è esposto a situazioni stressanti e in cui deve mettere in atto una prestazione. La situazione, però, è peggiore se non si è in fase di trattamento: durante il trattamento specifico questi momenti “altalenanti” si riducono nella frequenza e nella intensità e rappresentano solo dei “momenti di passaggio”. Quando un bambino riesce a migliorare progressivamente può presentare delle fasi di lieve regressione o di comportamento oppositivo; oppure può accadere che si riacutizzino alcuni sintomi dopo un lungo periodo di assenza a scuola. Per questo ci viene in aiuto la terapia di stampo americano, che stiamo utilizzando con grande successo, anche in Italia: stabilizzando i risultati, di volta in volta, evitiamo proprio questo “effetto yo-yo” ed insegniamo a genitori, insegnanti e ai ragazzi stessi come gestire in modo ottimale le singole situazioni.
Scritto da Annalisa Ballestrieri