Le meta-emozioni hanno la capacità di regolare nostra vita emotiva e il potere modificare l’intensità dell’emozione e di modularne l’espressione

Così come le emozioni ci informano riguardo ad eventi rilevanti per il raggiungimento (o evitamento) di obiettivi personali (Lazarus, 1991), allo stesso modo anche le meta-emozioni sono esplicative di ulteriori obiettivi salienti per l’individuo: gli individui sembrano avere in questo senso degli ‘obiettivi circa le emozioni’ (Gross, 2014).

Tutti noi, in quanto membri della specie umana, abbiamo familiarità con le emozioni: ogni giorno nella nostra attività quotidiana proviamo stati emotivi differenti e al contempo assistiamo alla manifestazione delle emozioni altrui. Quando queste, provate in prima persona o riconosciute negli altri, generano in noi altri pensieri o emozioni, danno luogo a meta-emozioni (Gottman et al., 1996) o emozioni di secondo ordine. Il riconoscimento di uno stato emotivo Infatti non solo implica un’informazione circa la connotazione dell’emozione in sé, ma getta al contempo luce sulle credenze e gli obiettivi che risultano intrinsecamente implicati nell’emozione esperita. Prendiamo l’esempio di due emozioni vissute come spiacevoli, la delusione e la paura; le due sono intuitivamente emozioni distinte e qualitativamente differenti, ciò che infatti le differenzia sono le credenze e l’obiettivo ad esse correlati. Nella delusione è presente una credenza anticipatoria circa il fatto che un evento si sarebbe verificato – laddove l’obiettivo personale era che l’evento accadesse davvero – seguita da un’invalidazione di questa credenza che ingenera l’esperienza emotiva negativa. Diversamente, nella paura, l’obiettivo personale è che quell’evento in particolare non si verifichi, associato alla credenza che questo possa (o debba) verificarsi.

Mettiamo dunque che io mi trovi alla guida e, sovrappensiero, inchiodi poco prima di mancare la precedenza per un pedone: è facile immaginare l’enorme differenza che farebbe se in quel momento provassi paura…o delusione! Se mi accorgessi di aver provato delusione, ad esempio, potrei subito provarne vergogna (meta-emozione) a testimoniare il fatto di percepire un gap tra l’emozione desiderata (come valore personale) o auspicabile in termini di desiderabilità sociale e quella realmente provata: gli stati mentali di secondo ordine implicano quindi un’attività riflessiva sui propri stati mentali e possono generare delle reazioni in grado di modificare l’esperienza emotiva, di guidare il processo decisionale o il comportamento stesso (Mendonça, 2013).

Infatti, così come le emozioni ci informano riguardo ad eventi rilevanti per il raggiungimento (o evitamento) di obiettivi personali (Lazarus, 1991), allo stesso modo anche le meta-emozioni sono esplicative di ulteriori obiettivi salienti per l’individuo: gli individui sembrano avere in questo senso degli ‘obiettivi circa le emozioni’ (emotion goals o goals about their own emotions; Gross, 2014). È stato riscontrato come gli individui perseguano quelle emozioni che vengono percepite come ‘utili’ (Tamir, 2009) al raggiungimento di un obiettivo, per quanto queste possano essere spiacevoli. Ad esempio, un individuo potrebbe voler provare rabbia in preparazione ad un confronto con un avversario, non soltanto per i benefici che questa attivazione può avere sulla performance, ma anche per volontà di mantenere un’immagine di sé coerente con i propri valori o con quelli della cultura di riferimento, che magari valorizzano una risposta più aggressiva (Mauss & Tamir, 2014).

Queste valutazioni sono in larga parte rapide ed automatiche, altrimenti dette implicite (Wilson et al., 2000) e l’individuo può non esserne cosciente. È però stato suggerito che le meta-emozioni implichino necessariamente una valutazione, e pertanto una capacità dell’individuo di ‘oggettificare sé stesso’ (Frankfurt, 2006, p.5).

La valenza della meta-emozione non si riduce alla sua piacevolezza o desiderabilità in sé, ma si trova a dipendere dalla valutazione che verrà fatta su di essa: ne è un chiaro esempio la cosiddetta colpa del sopravvissuto, dove il senso di colpa è una meta-emozione negativa generata dall’aver provato sollievo e gioia per la propria fortuna nell’essere scampati a una tragedia (Jäger & Bartsch, 2006).

Le meta-emozioni hanno il potere di modificare l’intensità dell’emozione stessa così come di modularne l’espressione, ‘amplificando, attenuando o addirittura invertendo la cognizione di primo ordine’ (Petty et al., 2007, p.274), oppure arricchendo l’esperienza emotiva di note variegate, dove uno stesso evento può elicitare un’esperienza emotiva ambivalente: ad esempio una promozione ottenuta ai danni di un altro può suscitare colpa o orgoglio, tuttavia ad un livello sovraordinato potrò essere orgoglioso di essermi sentito in colpa, perché questo testimonia il mio senso di giustizia, due emozioni non in contraddizione tra loro che evidenziano aspetti (ed obiettivi) diversi di uno stesso evento.

Le meta-emozioni hanno inoltre la capacità di regolare la nostra vita emotiva orientandoci verso alcune esperienze emotive e tenendoci lontani da altre, ma sarebbe semplicistico pensare che queste ci rivolgano sempre verso comportamenti adattivi ed efficaci (Mauss & Tamir, 2014): ad esempio la non-accettazione di determinate emozioni di primo ordine può generare meta-emozioni negative associate con ansia e depressione (Bakhshaie et al., 2014) o da meccanismi di coping repressivi dell’emozione provata, basti pensare alla ‘paura della paura’ nel mantenimento del disturbo da attacco di panico.

Miceli e Castelfranchi (2019) ipotizzano quattro condizioni che concorrono ad elicitare meta-emozioni: l’importanza dell’informazione veicolata dall’emozione primaria (in termini di obiettivi e credenze), la sua imprevedibilità, la presenza di altri quando l’emozione di primo ordine viene espressa e l’impatto che aver provato quell’emozione ha sull’immagine di sé.

In questo senso le meta-emozioni fungono da istigatori per una regolazione emotiva, insegnandoci che sia l’esperienza che la non espressione delle emozioni possono avere conseguenze sul nostro benessere, sulla desiderabilità sociale, sull’integrità morale e sulle relazioni, e che queste conseguenze possono discostarsi largamente dalla valenza originaria dell’emozione di primo ordine, in quanto tutto dipende dalla valutazione che di queste viene fatta; al contempo, le meta-emozioni giocano un ruolo informativo circa il nostro grado di aderenza ai principi morali o di condotta che valutiamo adeguati, rinforzando o spingendo verso un adeguamento del comportamento in accordo con essi (Miceli e Castelfranchi, 2019).

Recenti approcci psicoterapeutici basati sull’accettazione e sulla mindfulness (Hayes et al., 1999; Segal et al., 2002) cercano di minimizzare le meta-emozioni e le emozioni negative che queste tendono a ingenerare, sospendendo il giudizio sulle emozioni provate, tralasciando la volontà di provare o non provare determinate emozioni e imparando invece a identificare gli obiettivi, i bisogni o le preoccupazioni che queste mettono in luce. In particolare, viene posta l’enfasi sull’individuazione e il perseguimento di valori personalmente connotati e l’adesione ad uno stile di pensiero quanto più flessibile e non-giudicante.

Scritto da: Giulia Samoré