Articolo rivisto dal Comitato di GuidaPsicologi

L’oggetto transizionale compare in una particolare fase di sviluppo del bambino e serve a lenire l’assenza della madre e a dare sicurezza al bambino. Pasqualina Grillo, Psicoterapeuta

20 LUG 2016

Molti genitori si sono trovati a fare i conti con pianti inconsolabili dei propri figli quando, al momento di uscire o al momento di andare a dormire, il pupazzo o la bambolina o una coperta a cui il bambino è molto legato, non si trova.

Come mai accade questo? Che importanza assume questo oggetto per il bambino e come va gestita questa situazione?

Si tratta del giochino preferito dal bambino, che in psicologia assume un’importanza ben precisa.

D.W. Winnicott, pediatra e psicanalista inglese, ha definito questi oggetti “oggetti transizionali“, oggetti cioè che compaiono in una particolare fase dello sviluppo infantile, quando il bambino inizia a riconoscere il possesso da un oggetto non-me, cioè che sia diverso dal proprio corpo.

Il bambino, sin dalla nascita ha la percezione di essere tutt’uno con la mamma, poi nel corso del naturale distacco da essa inizia a legarsi ad un oggetto (orsacchiotto, coperta, pupazzo etc.) che porta sempre con sé. Quest’oggetto assume un’importanza particolare perché aiuta a tollerare l’assenza della madre, da rassicurazione al bambino. All’interno dello spazio transizionale, spazio che simbolicamente separa il bambino dalla propria madre, si colloca l’oggetto transizionale, questo particolare oggetto che serve a lenire le ansie del piccolo.

Può capitare che questo giochino diventi sporco e puzzolente, ma è importante che si lasci così o che lo si lavi di nascosto dal bambino.

In ogni fase della vita attiviamo delle difese per lenire delle ansie, e anche l’oggetto transizionale costituisce una difesa che accompagna un naturale processo di sviluppo del bambino.

Generalmente, il bambino comincia a staccarsi da quest’oggetto da solo, in maniera del tutto naturale, verso i 5 anni, ma anche prima. I genitori, quindi, devono lasciare andare il naturale percorso dell’evento, assumendo però sempre un atteggiamento rispettoso nei confronti di questo particolare legame che si è venuto a creare tra il bambino e il suo giochino esclusivo.

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Scritto da Dott.ssa Pasqualina Grillo – Psicoterapeuta

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