Come potrebbe funzionare la società attuale senza avere la consapevolezza del tempo, della successione o della simultaneità degli eventi?

Il tempo è una dimensione fondamentale della quotidianità. Non possiamo vedere o toccare il tempo; tuttavia, possiamo inequivocabilmente percepire il suo passaggio e adattare il nostro comportamento di conseguenza. Il tempo è una dimensione particolarmente sfuggente delle esperienze giornaliere.

Cosa si nasconde dietro alla sensazione che il tempo voli mentre ascoltiamo una lezione particolarmente interessante? O dietro un tempo che non passa mai quando vorremo fuggire dalla situazione in cui ci troviamo? È diverso lo scorrere del tempo da ragazzi e da anziani? La percezione del tempo cambia non solo tra le diverse fasce di età, ma anche tra individui della stessa età. L’esperienza del tempo dipende anche dalla percezione soggettiva del tipo di attività che un individuo compie. Diversi studi hanno analizzato i correlati neurali della percezione del tempo e dell’attivazione comportamentale. La sorprendente diversità dei modelli psicologici e neurofisiologici della “percezione del tempo” caratterizza il dibattito su come e dove viene elaborato il tempo nel cervello.

Già nel 2009, in una sua recensione, dopo aver discusso criticamente i modelli più importanti della percezione del tempo, Wittmann concludeva che, nonostante il tempo sia un fattore essenziale per la comprensione del comportamento complesso, i processi che sottolineano l’esperienza del tempo e il momento o l’azione sono capiti in modo incompleto. Esistono troppe teorie contraddittorie, sia in psicologia che in neuroscienze, che mirano a spiegare come giudichiamo la durata.

Che ruolo ha l’età nella percezione del tempo?

La relazione tra tempo e funzioni psicologiche è la più importante soprattutto per quanto riguarda l’orientamento dell’essere umano attraverso il continuum spazio-temporale. Non si può analizzare il tempo senza discutere anche dello spazio. Esiste una forte relazione tra l’età e il tempo. Quando si discute delle caratteristiche di una certa “età” o di una fase della vita, si discute implicitamente del tempo trascorso tra due punti di riferimento chiamato “età”. Il sistema psicologico umano ha bisogno di un asse temporale direzionale (Vasile, 2015). Se partiamo dal presupposto che la psiche umana è un sistema logico e che un sistema logico è caratterizzato dall’ordine, allora possiamo comprendere il bisogno umano di ordine e il progresso logico degli eventi nel tempo. Le differenze, tra gli individui, nel giudicare il “passare del tempo” potrebbero avere origine nei parametri fisiologici e nei processi cognitivi. Negli anziani, alcuni dei principali processi cognitivi potrebbero diventare più lenti o più deboli (ad es. l’attenzione divisa, la memoria di lavoro ecc.). Un’altra osservazione importante è che un adulto più anziano potrebbe percepire il tempo in modo diverso rispetto a quello più giovane, in questo caso i principali fattori psicologici coinvolti sono l’esperienza di vita e la routine (Block, Zakay & Hancock, 1998). Per gli adulti il tempo è più veloce di quanto lo sia per i giovani, fenomeno che è definito “effetto telescopio”, ossia la tendenza a posizionare cronologicamente gli eventi in memoria, in modo che gli eventi recenti risultino più lontani nel tempo rispetto a ciò che erano veramente, e quelli più remoti più vicini. I giovani fissano lontano l’obiettivo che appare vicinissimo al telescopio, mentre i vecchi scrutano in modo ravvicinato anche le cose più lontane, perdendosi negli infiniti dettagli (Wittmann & Lenhoff, 2005).

La percezione del tempo e le neuroscienze

Il tempo è un elemento importante per i processi cognitivi. Mentre un numero crescente di prove evidenzia il contributo di molte diverse regioni del cervello ai calcoli temporali, i meccanismi neuronali alla base della nostra capacità di percepire il tempo rimangono in gran parte sconosciuti (Merchant, Harrington & Meck, 2013). Il tempo e la coscienza sono diventati intrinsecamente connessi con lo sviluppo di una nuova area di ricerca sul concetto di cronestesia, ovvero la “consapevolezza del tempo soggettivo” (Tulving, 2002). Tulving si riferisce alla cronestesia come a una forma di coscienza che consente a qualcuno di pensare al tempo soggettivo in cui vive e questa funzione aiuta l’individuo a “viaggiare mentalmente” nel suo tempo. La cronestesia è strettamente legata ad alcune funzioni neurocognitive come il ricordo (che è una funzione di memoria), pensando al passato e al futuro (pensare) e alla pianificazione (funzioni esecutive). La percezione temporale appare influenzata anche dalle condizioni biochimiche in cui il corpo e il cervello si trovano. La dopamina, in particolare, è uno dei principali neurotrasmettitori coinvolti e tende a produrre la sensazione che il tempo trascorra più velocemente. Lo stesso avviene quando si assumono sostanze, come la cocaina, che potenziano l’effetto della dopamina. Al contrario, i neurolettici – i farmaci usati per trattare malattie come la schizofrenia – ne inibiscono l’effetto, e dunque la percezione temporale è opposta, e il tempo si allunga. In aggiunta diverse zone cerebrali sono chiamate a rispondere a questi mediatori chimici: in sintesi, secondo questa teoria, la percezione del tempo è connaturata nel nostro sistema neuronale e invecchia man mano che invecchiamo, favorendo quel senso del tempus fugit. Altre ricerche nella psicologia confermano questa percezione dell’effetto telescopio del tempo (discusso precedentemente), con una piccola percentuale di anziani che si salvano dalla trappola dell’accelerazione temporale nel 10% dei casi (Wittmann & Lenhoff, 2005).

In quale struttura cerebrale viene elaborato il tempo?

In due esperimenti che prevedevano l’utilizzo della risonanza magnetica funzionale ad altissimo campo (fMRI) a 7-Tesla (7T) alcuni autori (Protopapa, Hayashi, Kulashekhar, Van der Zwaag, Battistella, Murray, et al., 2019) hanno dimostrato che nella corteccia premotoria mediale (area motoria supplementare [SMA]) del cervello umano le unità neurali sintonizzate su diverse durate sono mappate in modo ordinato in porzioni contigue della superficie corticale in modo da formare dei chronomaps. La risposta di ciascuna porzione in un chronomap è migliorata dalle durate ravvicinate e soppressa dalle durate meno preferite (dai partecipanti) rappresentate in parti distanti della mappa. Questi risultati suggeriscono una sintonizzazione sensibile alla durata come un possibile meccanismo neurale alla base del riconoscimento del tempo e dimostrano, per la prima volta, che la rappresentazione di una caratteristica astratta come il tempo può essere istanziata da una disposizione topografica di una rete neuronale sensibile alla durata. In questi esperimenti è stato chiesto ai partecipanti di fare una discriminazione tra eventi visivi di varie durate mentre veniva loro misurata l’attività cerebrale tramite la risonanza magnetica funzionale (fMRI). I risultati mostrano che porzioni distinte dell’area motoria supplementare (SMA), una regione della corteccia cerebrale importante per la preparazione motoria e la percezione del tempo, rispondono preferenzialmente a durate diverse. Le porzioni di SMA che rispondono a durate simili sono in stretta prossimità spaziale sulla corteccia e la loro risposta è maggiore per le durate preferite (dai partecipanti) e ravvicinate mentre viene soppressa quando la durata degli stimoli visivi è più lunga. La disposizione spaziale delle porzioni selettive di durata della SMA potrebbe essere il meccanismo che ci consente di percepire in modo efficiente che è trascorsa una certa durata.

Le nostre emozioni influenzano la percezione del tempo?

Il tempo e la percezione del tempo sono stati studiati da neuroscienziati e psicologi per molti anni. È opinione ormai condivisa che le emozioni possano alterare la nostra esperienza del tempo. Precedenti studi sulla modulazione emotiva sulla percezione temporale si concentrano principalmente su esperimenti comportamentali e psicologici. Negli ultimi anni gli studi sui meccanismi neurofisiologici della percezione del tempo hanno fatto molti progressi (Lake, Labar & Meck, 2016).

Come altri sensi, la nostra percezione del tempo non è veridica, ma piuttosto è modulata dai cambiamenti nel contesto ambientale. Le esperienze aneddotiche suggeriscono che le emozioni possono essere potenti modulatori della percezione del tempo; tuttavia, i meccanismi funzionali e neurali sottostanti le distorsioni temporali indotte dalle emozioni rimangono poco chiari. Modelli ampiamente accettati di pacemaker-accumulator di percezione del tempo suggeriscono che i cambiamenti nell’eccitazione e nell’attenzione hanno influenze uniche sui giudizi temporali e contribuiscono alle distorsioni emotive della percezione del tempo.

I risultati di alcuni studi indicano che la percezione di espressioni corporee paurose aumenta il livello di eccitazione che, a sua volta, accelera il sistema di orologio interno alla base della rappresentazione del tempo. L’effetto delle espressioni corporee sulla percezione del tempo è quindi coerente con i risultati di altri stimoli emotivi altamente eccitanti, come le espressioni facciali emotive (Droit-Volet & Gil, 2016).

Alcune ricerche (Johnson & MacKay, 2019) suggeriscono che i processi di codifica della memoria legata alle emozioni possono causare una sottostima delle durate nei compiti a venire, ma una sovrastima nei compiti retrospettivi, come se l’emozione aumentasse il richiamo degli eventi in corso, ma causasse una sovrastima delle durate di tali eventi in retrospettiva.

Oggi, l’orologio e il calendario sono tra i principali simboli culturali della società industriale occidentale

I concetti culturali dell’invecchiamento sono strettamente correlati ai concetti culturali del tempo. Sono stati descritti molti concetti diversi di tempo come: – il tempo dello sviluppo umano, – il tempo del calendario che descrive la divisione dell’anno, – il tempo religioso legato ai giorni di festa o ai digiuni come Natale, Pasqua, Ramadan… o ancora – il tempo della relazione sociale che è legato agli eventi personali (la data di compleanno, matrimonio, ecc.,).

Nelle società agrarie più tradizionali, ad esempio, il tempo è spesso vissuto come ciclico o a spirale, poiché scorre lentamente ed è ripetitivo. In alcune parti dell’Asia, le religioni spesso incorporano questa visione ciclica dell’esperienza umana e possono includere concetti di reincarnazione, come il samsara: il ciclo infinito di nascita, morte e rinascita che si trova sia nel buddismo che nell’induismo. Al contrario, il concetto di tempo lineare del mondo occidentale è stato la base del pensiero intellettuale e religioso per molti secoli. Il tempo occidentale è stato concepito come direzionale, avanzante e non ripetitivo (Helman, 2005).

Nel 1983, l’antropologo Edward T. Hall descriveva la forma predominante del tempo occidentale moderno come tempo “monocronico”. In questa prospettiva, il tempo è concepito come un nastro o una strada che si estende dal passato al futuro, diviso in segmenti chiamati minuti, ore, giorni, mesi e anni. Quindi “il tempo è organizzazione”, essenziale per il buon funzionamento di una società industriale complessa, in cui le azioni di grandi gruppi di persone devono essere coordinate, in modo che le fabbriche, i negozi, le compagnie aeree, ecc. possano tutti operare su un orario identico.

Nonostante questo, molte persone vivono in gran parte al di fuori dell’orologio (ad esempio i bambini, le persone disoccupate o ancora le persone che soffrono di depressione ecc.) e spesso ci sono differenze tra il tempo accelerato della città e il tempo più lento della campagna. Il tempo nel mondo occidentale è anche visto come una forma di valuta o merce, che può essere “spesa”, “sprecata”, “salvata” o “data”. Può essere ‘gratuito’, ‘libero’, ‘extra’ o ‘straordinario’. Quanti di noi avranno pensato di fare qualcosa per se stessi nel tempo libero o ancora di aver pensato di aver “perso” del tempo nel compiere un’azione in modo inconcludente? Il tempo può essere convertito in denaro e il denaro in tempo, e questo processo può essere quantificato con precisione. Tempo e lavoro sono intimamente legati. Il tempo monocronico coesiste con il tempo “policronico”, che è meno lineare e meno tangibile. In questo caso, la vita viene vissuta come costantemente in flusso e non così rigida come nel tempo dell’orologio. È una visione comune in molte parti del mondo non occidentale: per esempio nel Buddhismo Zen “il tempo nasce dal sé e non è imposto”.

Nelle società occidentali, la maggior parte delle persone vive in realtà all’intersezione di diverse forme di tempo culturale, sia lineare che ciclico, che sono loro imposte (l’esposizione inizia alla nascita, con i tempi di alimentazione e pasti per i bambini, e poi continua per tutta la vita). Ognuno di questi tempi può avere effetti importanti sulla fisiologia e sulla psicologia di un individuo, nonché sul suo comportamento.

In conclusione, secondo gli studi presentati, la percezione del tempo è una funzione umana fondamentale coinvolta in tutte le attività degli individui.

Come potrebbe funzionare la nostra società attuale senza avere la consapevolezza della successione o della simultaneità degli eventi?

L’età, lo specifico delle attività, le emozioni associate alle attività, la cognizione e ancora la cultura, sono tutti in una relazione diretta con la percezione del tempo che a sua volta influenza tutti questi aspetti e funzioni.

La percezione del tempo potrebbe essere analizzata in termini di:

  • meccanismi e reti neuronali;
  • funzioni cognitive,
  • consapevolezza (che implica la cognizione);
  • inoltre, le emozioni che sono strettamente correlate alle cognizioni, svolgono un ruolo importante, ma soggettivo nella durata;

La relatività del tempo psicologico è ben nota, a seconda dei fattori presentati sopra. La relazione del tempo con la rappresentazione interna soggettiva è sistemica, forte e complessa, di grande importanza per gli esseri umani.

Scritto da: Sylvie Gobbis

 

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