L’effetto delle condotte del mobber è quello di annientare la vittima del Mobbing portandola a sentirsi incapace, inutile, privata di valore e autostima
Negli ultimi anni si sta registrando un aumento dei casi di Mobbing in molteplici contesti lavorativi. Si tratta di un complesso fenomeno che è stato sistematizzato solo di recente, ma la cui origine è in realtà molto antica.
Gli atti vessatori, ostili ed aggressivi esercitati sul luogo di lavoro sono sempre esistiti, ma soltanto negli ultimi decenni si è cercato incrementare la consapevolezza sulle dinamiche subdole e manipolatorie che si celano dietro questo fenomeno. Il Mobbing può essere causa di molteplici disturbi che interessano sia la sfera relazionale e mentale, sia quella fisica e neurovegetativa. Le azioni mobbizzanti sono in grado di condizionare ogni aspetto della vita dell’individuo, compromettendone non solo la salute psicofisica, ma anche i principali rapporti umani, come quelli familiari. Pertanto, risulta di primaria importanza intervenire attraverso specifici percorsi di prevenzione, formazione ed informazione, senza perdere di vista il contributo che ognuno di noi può offrire quotidianamente per contenere questo fenomeno, impendendone la sua ulteriore diffusione.
Il Mobbing può essere definito come un complesso e problematico fenomeno di terrorismo psicologico perpetrato nell’ambiente di lavoro (H. Ege, 1996). Dal punto di vista etimologico, il termine mobbing deriva dal verbo inglese “to mob”, che vuol dire aggredire, assalire e affollarsi intorno a qualcuno.
Il Mobbing, inizialmente nato ed approfondito nel campo dell’etologia, è stato oggetto di studio nel contesto lavorativo a partire dagli anni ’90, grazie al contributo dello psicologo svedese di origini tedesche Heinz Leymann. Il Mobbing viene considerato da H. Leymann come un insieme di vessazioni di natura psicologica, esercitate sul posto di lavoro, da parte di un collega o di un superiore, con episodi ricorrenti e protratti nel tempo (H. Leymann, 1996). Più nello specifico, H. Leymann definisce il Mobbing come un insieme di condotte ostili che riguardano tre ambiti principali: la comunicazione, la reputazione e la prestazione. Per quanto riguarda il primo punto, il Mobbing si esplica attraverso una comunicazione disfunzionale, ostile, carica di presunzione, perpetrata in maniera sistematica da uno o più individui e rivolta contro uno o più lavoratori, i quali vengono spinti in una posizione di impotenza e impossibilità di difesa. Ci sono poi i comportamenti che mirano a distruggere la reputazione del lavoratore, attraverso strategie subdole come pettegolezzi, offese, derisioni sull’aspetto fisico e umiliazioni pubbliche. Infine, il mobbing può puntare anche alla prestazione della vittima, la quale può essere dequalificata professionalmente, oppure obbligata a svolgere delle mansioni pericolose per la propria incolumità psicofisica (H. Leymann, 1993). L’effetto di tali condotte agite dal mobber è quello di annientare nel corso del tempo la vittima del Mobbing, portandola a sentirsi incapace, inutile e privata di ogni forma di valore e di autostima. Le motivazioni possono essere molteplici, molte volte può trattarsi di una strategia mirata ad allontanare lavoratori diventati “scomodi”, portandoli a dare volontariamente le dimissioni oppure arrivando ad un procedimento di licenziamento (H. Ege, 2002). Dunque, affinché si possa parlare di Mobbing, è necessario che le azioni mobbizzanti siano agite dal mobber nel corso del tempo (un periodo maggiore di sei mesi), con una frequenza di almeno un episodio a settimana (H. Leymann, 1990). È importante sottolineare che si tratta di un fenomeno non circoscritto all’ambiente di lavoro, ma ben più esteso. Le difficoltà psicologiche, fisiche e psicosomatiche che la vittima di Mobbing può sviluppare, mettono in subbuglio ogni ambito della vita dell’individuo, sfociando spesso in disordini mentali come episodi depressivi, insonnia, attacchi di panico e disturbi alimentari. Uno dei contesti che risente maggiormente delle conseguenze negative del Mobbing è sicuramente la famiglia del lavoratore mobbizzato. La famiglia, rappresenta il principale luogo in cui vengono riversati tutti i sentimenti di frustrazione e di impotenza scaturiti dal malsano e patologico ambiente di lavoro. Tuttavia, la dose quotidiana di negatività che la vittima del Mobbing porta nel suo nucleo familiare, può condurre ad una vera e propria crisi del rapporto con i familiari, i quali, dopo vari tentativi volti ad incoraggiare e sostenere il parente in difficoltà, finiscono con l’esaurire le risorse a disposizione per far fronte alla problematica lavorativa, e pertanto si verifica quel fenomeno che H. Ege definisce come “Doppio Mobbing” (H. Ege, 2002). La vittima finisce col ritrovarsi completamente sola e incompresa, privata persino della possibilità di trovare sostegno e comprensione nella sua famiglia, ed è proprio in questa fase che possono prospettarsi gli scenari più tragici. Negli ultimi anni, purtroppo, si è registrato un incremento di suicidi Mobbing-correlati. Si tratta di suicidi che molte volte possono essere definiti tali soltanto sulla carta, in quanto rappresentano l’ultima scelta disperata messa in atto da chi ha subito per troppo tempo gli effetti deleteri delle condotte riprovevoli e disumane agite nel mondo del lavoro. Pertanto più che di suicidi, si potrebbe parlare di omicidi mascherati. Questi gesti estremi, possono essere considerati come l’ultimo passo che la vittima del Mobbing vuole compiere, pur di liberarsi una volta per tutte da un tormento terrificante il cui peso è diventato insostenibile nel corso del tempo. Sono decisioni drastiche, non facili da accettare e da comprendere per chi non si è mai ritrovato nel ruolo della vittima del Mobbing. Per tali motivi, risulta essere di fondamentale importanza riflettere sulla criticità di questo grave fenomeno, perché si tratta di una realtà che racchiude in sé molteplici valenze e significati. Basti pensare al valore che il lavoro ha sempre avuto nella storia dell’essere umano. Il lavoro è qualcosa che definisce e struttura l’identità dell’uomo. La possibilità di svolgere un lavoro, offre all’individuo l’opportunità di sentirsi produttivo e capace di sostentarsi in maniera autonoma. Ne deriva da ciò un senso di gratificazione e di soddisfazione personale che è indispensabile per una sana autostima ed una positiva percezione della propria immagine sociale. Pertanto, qualora dovessero intervenire delle problematiche che interessano la funzione produttiva dell’individuo, come critiche al suo operato, umiliazioni, vessazioni e atti denigratori, viene da sé che l’accezione emotiva di questi eventi possa essere distruttiva per il lavoratore. Sentirsi continuamente svalutati nelle proprie competenze operative, è qualcosa che logora e che scava una ferita profonda nel mondo interiore dell’individuo. Una delle più preoccupanti conseguenze può essere proprio la destrutturazione dell’identità della persona, che non riesce più a riconoscere sé stessa, le sue qualità ed il suo valore, fino ad arrivare ad una condizione di annientamento.
Porre attenzione su questo fenomeno è sicuramente il primo passo da compiere per cercare di contrastare un disagio di così grande portata. È bene precisare che intervenire sul mobbing, non significa limitarsi a trattare esclusivamente i sintomi psicofisici manifestati dalla vittima, ma bisogna agire in maniera più ampia. Il Mobbing costituisce un fenomeno di interesse socioculturale, che nella maggior parte dei casi affonda le sue radici in una organizzazione malsana e disfunzionale del contesto lavorativo, pertanto vanno coinvolti tutti gli attori facenti parte di tale ambiente, poiché ognuno di loro contribuisce inconsciamente o consapevolmente al mantenimento di quelle dinamiche relazionali che portano all’attuazione delle condotte ostili e mobbizzanti. Dunque, la psicologia del lavoro e delle organizzazioni, con il suo patrimonio di strumenti conoscitivi e d’intervento specifici per i contesti produttivi, rappresenta senza dubbio una preziosa risorsa per far fronte a questa forma di disagio. Ancora più utile, può essere l’impegno dedicato alle attività di prevenzione. Quindi, oltre ad intervenire sulle situazioni conclamate di Mobbing (cioè laddove il Mobbing si sia già manifestato producendo le sue nefaste conseguenze), è importante soprattutto prevenirlo attraverso iniziative mirate come corsi di formazione e di informazione. Si può agire anche con largo anticipo, a partire dall’istruzione e dall’educazione, in quanto la trasmissione dei principali valori etici e di convivenza sociale e civile, può rappresentare un passo importante per la formazione di una sana coscienza collettiva, capace di contrastare ogni forma di violenza e/o di discriminazione nei confronti degli esseri umani. È fondamentale educare le nuove generazioni al rispetto dell’essere umano, la cui tutela non deve essere affidata solo ed esclusivamente alle istituzioni (delegando a quest’ultime la risoluzione di ogni difficoltà), ma anche al nostro senso di responsabilità sociale, nell’ottica di una cittadinanza attiva e partecipe.
La prevenzione può essere pianificata anche a livello aziendale, ad esempio attraverso corsi di formazione incentrati sulla gestione del conflitto e del Mobbing, oppure a livello professionale, entrando in contatto con la rete dei principali professionisti che operano nel campo del Mobbing, come medici, psicologi ed avvocati. Difatti, il Mobbing è un fenomeno che va contrastato su molteplici livelli: etico, istituzionale e legislativo.
Infine, per contribuire alla prevenzione ed al contrasto del Mobbing, ognuno di noi può iniziare col prestare attenzione alle dinamiche relazionali che si vengono a creare nel proprio ambiente di lavoro, denunciando le condotte moralmente scorrette, violente ed aggressive, e, soprattutto, rinunciando a quell’atteggiamento passivo ed omertoso che troppe volte ha prodotto vittime innocenti.
Scritto da: Luana Marrocco