Durante la fase del lockdown anche i bambini hanno vissuto un trauma. Quali sono i possibili effetti di questo trauma e come aiutarli.
Gli effetti del lockdown nei bambini e come aiutarli
Si sa, i bambini hanno una maggior plasticità cerebrale e cioè capacità del cervello di reagire e cambiare secondo lo stimolo esterno. Quindi nel caso di un evento positivo o negativo il bambino modifica velocemente il proprio cervello (proprio a livello neurobiologico!) per adattarsi all’evento stesso. Nel caso di un trauma il bambino può reagire e adattarsi in maniera differente in base alle proprie caratteristiche personali ma anche in base al supporto del mondo adulto: genitori, insegnanti, istituzioni ecc. In questo trauma collettivo che è il coronavirus, molti si sono interrogati su come i bambini abbiano affrontato questo momento. Essi, come noi adulti, hanno vissuto uno stop forzato alle loro attività quotidiane: scuola, sport, socialità. Alcuni sono vissuti in ambienti ristretti dove la possibilità di vivere spazi individuali è stata pressoché assente; in alcuni casi c’è stata una modifica dei ritmi sonno veglia, alimentazione scorretta, abuso di videogiochi., difficoltà a reperire device per poter seguire la Didattica a Distanza, conflitti familiari.
In sostanza i bambini sono stati privati del loro solito mondo e si sa che i bambini sono fortemente abitudinari. Se dopo un primo periodo, goduto, con la continua presenza di “tutti in famiglia” in un secondo momento si è iniziata a sentire la mancanza delle “solite cose”. La frustrazione può quindi essersi trasformata in aggressività, reazioni oppositive, rifiuto delle regole e maggiormente in quei bambini che avevano già problemi pregressi. Alcuni potrebbero aver sviluppato ansia, disturbi da tic.
Ora che siamo nella fase due per loro non è di molto migliorata la situazione. Non potranno tornare a scuola, alle loro attività extra-didattiche, alla loro ricca vita sociale così i problemi insorti durante il lockdown potrebbero protrarsi.
Ciò che possiamo fare per aiutarli è, innanzitutto, fornire loro gli strumenti per elaborare i vissuti, chiedendo come si sentono, nominando anche le emozioni “sei arrabbiato, sei triste?” senza mai dire che l’emozione che provano è sbagliata ma accettandola e validandola. Perché tutto ciò che non si è gestito e rielaborato può provocare ansia e/o fobie. Il bambino sollecitato a continue raccomandazioni di lavarsi le mani e mantenere le distanze , seppure da un punto di vista sanitario sia fondamentale, se predisposto, potrebbe sviluppare sintomi ossessivi. Allora aiutarlo facendogli svolgere delle attività dove letteralmente ci si sporca le mani, giocare, se possibile, con la terra, con l’acqua e non rimproverarlo se si bagna o si sporca. Se questi comportamenti sono da attuare normalmente (perché non conosco bambino sano che non si sporchi!) ora più che mai occorre lasciare loro la libertà di “pasticciare” .
Importante, poi, continuare a fornire loro nel linguaggio più consono all’età informazioni sulla situazione senza allarmismi e soprattutto tenendoli distanti da argomenti come la conta dei morti o dei contagiati giornalieri.
Se i genitori percepiscono delle gravi difficoltà nel figlio e sentono di non riuscire a gestirle chiedere un consulto ad uno specialista può essere d’aiuto. Perché una difficoltà momentanea può essere superata evitando che il problema cronicizzi e diventi un disturbo.
Scritto da: Dottoressa Sara Marcaccio