Quando il bisogno di affetto diventa dipendenza, occorre un cambio di sguardo, perché il problema non è mai l’altro, ma noi stessi: ecco cosa fare

Michelle scrive alla redazione di Riza Psicosomatica: “Mi sono innamorata di un uomo che frequento ma che non vuole una relazione con me. Non faccio altro che aspettare tutto il giorno che lui mi scriva per vederci. Lo penso continuamente, la mia felicità dipende da lui. Del resto sono da sempre alla ricerca di un minimo affetto da parte di chiunque e, poiché lui un po’ mene dà, io mi accontento ma sento che non è la cosa giusta da fare. Come devo comportarmi?”

La storia che racconta Michelle è comune a molte persone; capita di innamorarsi di qualcuno senza esserne ricambiati. Nel suo caso c’è di più: è lei stessa a raccontare di essere “da sempre” alla ricerca dell’amore e dell’affetto degli altri. Le parole di Michelle lasciano dunque trasparire un problema di autostima e di mancanza di fiducia in se stessa. Il bisogno di affetto, che afferma di ricercare in chiunque possa darglielo, la porta a vivere una sorta di dipendenza dall’uomo di cui parla nella mail e ad accettare una situazione che in realtà non le piace. La sua felicità dipende dalle sue azioni e l’unico modo per uscirne sembrerebbe essere quello di eliminare quell’uomo dalla sua vita. Per spiegare e risolvere il problema, un approccio convenzionale cercherebbe l’origine del suo comportamento nel passato, arrivando, per esempio, a ipotizzare delle carenze affettive durante gli anni dell’infanzia. Esiste però un altro punto di vista…

Cedere per evolvere

A una lettura più profonda, l’uomo da cui Michelle è attratta rappresenta simbolicamente la proiezione della sua parte maschile inconscia, quella che la psicologia analitica fondata da Carl Gustav Jung chiama “Animus”. Secondo questo pensiero, quando ci innamoriamo, inconsapevolmente cerchiamo nell’altro l’opposto, l’ombra, ciò che in noi non si “vede” ma che nell’altro è evidente. In generale, come l’anima (il lato “controsessuale” femminile dell’uomo) aiuta il maschio a essere più morbido e accogliente, così l’animus rende la donna più determinata e autonoma. In questo caso, la forte attrazione e la ricerca continua che Michelle mette in atto nei confronti di quest’uomo simboleggiano lo sforzo che la parte più profonda di lei sta compiendo per far emergere e sviluppare il suo lato maschile, l’Animus. Michelle, quindi, non deve cercare di dimenticare quest’uomo, né, al contrario, cercare nuove strategie per farlo innamorare, ma piuttosto approfittare della situazione per contemplare il proprio mondo interiore, le sue insicurezze, le sue fragilità, le sue dipendenze, senza cercare di correggerle. Deve solo arrendersi, guardando con attenzione a ciò che avviene dentro di lei.

Dai vita ai tuoi interessi

Lo sguardo contemplativo su di se stessi è uno dei farmaci più potenti che abbiamo a disposizione e una delle chiavi dell’evoluzione. Arrendersi, cedere e accogliere le situazioni come sono, non è un atteggiamento passivo, ma l’unico comportamento utile per uscire dalle prigioni della dipendenza. A patto che Michelle, assieme a questo sguardo, cominci a occuparsi di sé, riscoprendo i suoi interessi più profondi, quel che la caratterizza e la anima. Al di là di lui, cosa piace a Michelle? Quali sono le sue passioni? Quali vestiti le piacciono, quali cibi, quali luoghi? Senza cercare di cambiare le cose con quest’uomo, Michelle dovrebbe rispondere a queste domande e comportarsi di conseguenza. Così e solo così potrà pian piano accorgersi che la relazione con quell’uomo è solo una parte della sua vita e che la sua attrazione dipende molto da bisogni propri, dal fatto che lei vede nella forza e nell’indipendenza di lui caratteristiche che non riconosce in se stessa ma che esistono, in lei come in chiunque. Quando le sentirà in se stessa, spontaneamente si accorgerà di non avere più bisogno di lui e a quel punto la relazione arriverà a un bivio: o prenderà il volo, o tramonterà ma Michelle sarà una donna nuova, più evoluta e consapevole.

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