La ricerca online di informazioni sulle malattie può esacerbare preoccupazioni sulla salute, questa condizione è detta cybercondria. La iCBT può aiutare?

 

Uno studio recente (Newby & McElroy, 2020) ha indagato per la prima volta se una terapia cognitivo-comportamentale via internet (iCBT) per problemi legati all’ansia da malattia portasse a miglioramenti nei self-report sulla cybercondria e se questi ultimi fossero associati a miglioramenti sull’ansia da malattia.

Avere un po’ di ansia legata alle condizioni di salute è normale e adattivo, ma quando questa diventa persistente ed eccessiva può avere un impatto negativo sulla vita dell’individuo, dei suoi cari e anche sugli operatori sanitari (Tyrer et al., 2016), oltre che sulla società in generale (Bobevski et al., 2016; Tyrer, 2018).

Le persone con un’eccessiva ansia legata alla salute – per cui il DSM-5 (American Psychiatric Association, 2013) prevede le diagnosi di Disturbo da ansia da malattia (IAD) o Disturbo da sintomi somatici (SSD) – hanno una costante paura di avere o di potere avere in futuro patologie invalidanti. Come conseguenza di ciò, queste si impegnano spesso nella ricerca di eccessive auto-rassicurazioni da parte di altre persone (familiari o sanitari) sulle proprie condizioni di salute: in un primo momento ciò riesce ad allontanare le loro paure; nel lungo periodo, tuttavia, la preoccupazione si cronicizza e aumenta (Warwick&Salkovskis, 1990).

Nei tempi della digitalizzazione, è diventata una pericolosa abitudine esporsi alle informazioni delle ricerche online, spesso allarmanti, inaccurate o fuorvianti sulle varie malattie: questo comportamento può esacerbare le preoccupazioni già presenti sulla salute e produrne di nuove, in un circolo vizioso di ulteriori ricerche legate alle condizioni di salute che prende il nome di ”cybercondria” (Starcevic& Berle, 2013).

Sebbene le ricerche più recenti abbiano trovato una forte correlazione tra l’ansia sulle condizioni di salute e la cybercondria (McMullan et al., 2019), le analisi psicometriche hanno evidenziato che esiste una differenza significativa tra le due (Fergus & Russell, 2016), portando a considerare la cybercondria come un pattern di particolari comportamenti e ansie che devono essere considerate come un nuovo target specifico a livello terapeutico.

Uno studio recente (Newby & McElroy, 2020) ha indagato per la prima volta se una terapia cognitivo-comportamentale via internet (iCBT) per problemi legati all’ansia da malattia portasse a miglioramenti nei self-report sulla cybercondria e se questi ultimi fossero associati a miglioramenti sull’ansia da malattia.

Sono stati analizzati i dati secondari di uno studio randomizzato controllato (RCT) confrontando un gruppo iCBT (n = 41) – che ha seguito lo specifico corso online Health Anxiety Course (strutturato in sei lezioni) – con un gruppo di controllo che ha ricevuto psicoeducazione, monitoraggio e supporto clinico (n = 41) in pazienti con diagnosi di IAD e/o SSD (DSM-5, 2013).

Due questionari sono stati utilizzati in questa ricerca (pre e post intervento): lo Short Health Anxiety Inventory (SHAI) (Salkovskis et al., 2002) per la valutazione dell’ansia da malattia e la Cyberchondria Severity Scale (McElroy & Shevlin, 2014) per la valutazione relativa alla cybercondria.

Dai risultati si è evinto che il gruppo iCBT ha mostrato – dopo l’intervento – una maggiore riduzione della cybercondria rispetto al gruppo di controllo, con grandi differenze soprattutto nelle sottoscale della CSS relative alle compulsioni, al distress e all’eccessività.

Inoltre, tutti i miglioramenti legati ai sintomi sull’ansia da malattia erano mediati dai miglioramenti nelle sottoscale della CSS (tranne quella legata alla diffidenza nei confronti dei medici).

Pur essendo legati a un primo studio sull’argomento (e a un ambito ancora da approfondire), questi risultati hanno importanti implicazioni per l’assessment e per il trattamento della cybercondria: innanzitutto confermano che un trattamento più specifico legato anche a un intervento che va a minare gli aspetti problematici legati alla ricerca online sulle condizioni di salute può migliorare i sintomi della cybercondria.

Tuttavia, ancora non è chiaro quanto il miglioramento sia stato dovuto alla co-presenza di tecniche cognitivo-comportamentali standard (essendo questo intervento stato strutturato per l’ansia da malattia più che per la cybercondria).

In questo senso, si auspica che in futuro la ricerca si preoccupi di capire quali siano gli aspetti critici più specifici per ottenere migliori risultati sulla cybercondria, anche integrando un assessment che incorpori moduli per la cybercondria e l’ansia da malattia.

 

Scritto da: Tommaso Arosio