Secondo alcuni psicologi di Harvard, la felicità non è una faccenda di fortuna ma un’attitudine che tutti noi possiamo apprendere.

Essere felici è possibile se si educa il cervello a guardare alla vita con ottimismo.

Il raggiungimento di quest’obiettivo dipende, in parte, dalla nostra maniera di affrontare la vita. La psicologia, infatti, ci offre piccole strategie per raggiungere il benessere e tendere verso la felicità. L’ottimismo, la capacità cambiare punto di vista e il confronto sono solo alcuni degli elementi che ci fanno stare meglio con noi stessi e con gli altri. Secondo quanto riportato dalla rivista Time, inoltre, sarebbe possibile “allenare” il nostro cervello alla felicità, prendendo spunto dai consigli di alcuni autorevoli psicologi.

Nel corso di “Psicologia Positiva: La scienza della felicità” dell’Università di Harvard è stato dimostrato che nella professione svolta da avvocati e commercialisti il pessimismo aiuta enormemente sul lavoro. La percezione dei problemi viene infatti interpretata come sintomo di prudenza e previdenza, doti di grande importanza in questi settori lavorativi. Qualità che rischiano però di estendersi alla vita privata.

Ciò che viene visto come un vantaggio competitivo a lavoro non lo è nella vita di tutti i giorni. Nonostante ciò, è possibile allenare il nostro cervello alla felicità. Ma come?

Le strategie da mettere in campo per aiutare il nostro cervello a raggiungere la felicità sono essenzialmente tre.

Fare una lista

Per sentirci felici dobbiamo ricordare ciò che di positivo c’è nella nostra vita. Per non dimenticarlo, ogni sera, prima di andare a letto, possiamo annotare su un quaderno o sul computer tre avvenimenti positivi della giornata, dai più insignificanti a quelli più sorprendenti. Accompagnate ognuno di questi eventi con una risposta alla domanda “Perché è successo?”. Il consiglio è presente nel libro di Martin E. P. Seligman “Flourish: A Visionary New Understanding of Happiness and Well-being”.

Mettersi a confronto con le altre persone

Secondo Bauer, ricercatore associato del Sunnybrook Health Sciences Centre e psicologo presso il Cognitive Behavioural Therapy Associates di Toronto, mettersi a paragone con altre persone non sempre è negativo. Farlo con chi è peggiore di noi, infatti, può aiutarci a far crescere la nostra autostima. Non sempre, invece, è positivo compararsi costantemente con chi è migliore di noi (a lavoro, nella vita sociale, nella coppia, ecc.) perché il paragone costante può solamente farci sentire inferiori e infelici.

Guardare al passato con la giusta prospettiva

La visione che abbiamo della nostra vita e in particolare modo del nostro passato, ha una grande influenza sul nostro presente. Avere una concezione negativa della propria vita può causare, ad esempio, depressione. Rielaborare il passato con il senno di poi, invece, può aiutarci a cogliere gli elementi positivi della nostra vita e a preservare l’autostima. Questo meccanismo è già presente in molte persone ma ciò non esclude che si possa imparare. L’autore di “Redirect: The Surprising New Science of Psychological Change”, Timothy Wilson, ha sempre spronato i propri studenti ad analizzare attraverso un altro punto di vista i propri insuccessi scolastici: per sviluppare le proprie capacità, infatti, c’è bisogno di tempo. Gli alunni che sono riusciti a mettere in pratica questa strategia sono riusciti a migliorare sensibilmente i propri risultati.

Scritto da: GuidaPsicologi.it