Secondo un recente studio l’esposizione dei bambini a videogiochi violenti in cui sono usate armi può avere ripercussioni sull’uso di armi nella vita reale.

Il fatto che i bambini che usano videogiochi violenti siano più portati a mettere in atto comportamenti violenti può essere spiegato alla luce della teoria dell’apprendimento sociale, secondo cui le persone sviluppano nuove strategie di comportamento attraverso processi di osservazione e imitazione delle azioni altrui (modelli di riferimento). Tali modelli possono essere reali o immaginari come nel caso dei videogame.

Gli Stati Uniti sono uno dei paesi con il più alto tasso di mortalità infantile legato all’utilizzo accidentale di armi da fuoco. Sicuramente la presenza legale di armi in casa predispone maggiormente i bambini a trovarsi a diretto contatto con esse. Tuttavia, ci sono diverse variabili che possono influire sulla predisposizione dei bambini ad usare o meno le armi.

La ricerca che viene presentata in questo articolo prende in considerazione la variabile “esposizione alla violenza tramite videogioco”. Si è ipotizzato che i bambini esposti alla visione di videogiochi violenti fossero più portati ad imitare i comportamenti violenti, rispetto ai bambini esposti a videogiochi non violenti.

Lo studio

Il campione oggetto di studio è composto da 220 bambini (8-12 anni) divisi in 110 coppie, delle quali un bambino giocava attivamente al videogioco e l’altro osservava passivamente. Le coppie di bambini sono state esposte ad una delle tre condizioni cliniche: videogioco violento con pistole, videogioco violento con spade e videogioco non violento. Successivamente, i bambini sono stati portati in una stanza videosorvegliata, per 20 minuti, dove sono stati lasciati liberi di giocare con tutti i giocattoli presenti nella stanza. All’interno di un armadietto erano state riposte due pistole scariche ed è stata valutata la propensione dei bambini all’uso delle pistole in seguito alla visione dei videogiochi violenti e non violenti. La propensione all’utilizzo delle pistole è stata valutata tenendo conto del contatto avuto con essa, del tempo d’impugnatura della pistola e dell’innesco dei tiri rivolti verso se stessi o altri.

Dei 220 bambini che hanno trovato le pistole, 120 le hanno toccate. Il tempo medio di impugnatura dell’arma è stato di 96,5 secondi e il 32,5% dei 120 bambini ha premuto il grilletto della pistola almeno una volta.

In particolare, rispetto alle tre condizioni cliniche (videogiochi pistole, spade, no violenza) è emerso che l’esposizione dei bambini a videogame violenti era maggiormente associata al contatto con la pistola, ad un maggior tempo di impugnatura dell’arma e ad una maggior numero di tiri verso se stessi o altri, rispetto all’esposizione a videogame non violenti. Difatti, dei bambini esposti a videogiochi con pistole, il 62% aveva toccato la pistola per 91 secondi ed aveva effettuato più colpi rispetto alle altre due condizioni; dei bambini esposti a videogiochi con spade, il 57% aveva toccato la pistola per 72 secondi effettuando meno tiri rispetto alla condizione con pistole; infine in relazione alla condizione non violenta, il 44% dei bambini aveva toccato la pistola per circa 36 secondi effettuando un numero di colpi più basso rispetto alle condizioni violente (pistole e spade).

Conclusioni

Questa ricerca sembra suffragare l’ipotesi per la quale l’esposizione dei bambini a videogiochi violenti, nei quali vengono utilizzate armi, può avere ripercussioni sull’uso delle armi nella vita reale. Questo risultato può essere letto alla luce della teoria dell’apprendimento sociale (Bandura, 2017) che afferma come le persone sviluppino nuove strategie di comportamento attraverso processi di osservazione e imitazione delle azioni altrui (modelli di riferimento). Tali modelli possono essere reali o immaginari come nel caso dei videogame.

Inoltre, è interessante sottolineare che prima di sottoporre i partecipanti alla procedura clinica, i ricercatori hanno somministrato dei questionari self report per valutare la frequenza con la quale i bambini fossero esposti generalmente a filmati violenti e quanto spesso tendevano a comportarsi in maniera violenta. Dall’analisi dei risultati è emerso che l’esposizione reiterata a filmati violenti era collegata ad una maggiore probabilità di toccare la pistola e sparare; dunque, l’esposizione ripetuta si presenta come fattore di rischio per l’utilizzo di armi nella vita reale.

Tuttavia, questo studio presenta delle limitazioni: un setting artificiale e poco naturale il quale può inibire il comportamento dei bambini; l’utilizzo di un videogioco non molto violento per ragioni etiche; ed infine la difficoltà dei bambini ad identificarsi con l’avatar del videogioco legata a ragioni di grafica del gioco (avatar non personalizzabile e non ripreso) e ad una breve sessione della durata del gioco.

I bambini sin dai primi anni di vita giocano ed il gioco è un’attività divertente e interattiva, allo stesso tempo con finalità sociali e affettive.

Negli ultimi anni il tempo libero dei bambini è sempre più rivolto all’utilizzo di videogiochi.

I videogiochi comportano effetti positivi e negativi.

Effetti positivi: facilitano l’approccio alla cultura e pensiero tecnologico, stimolano i processi mentali, permettono l’incremento di capacità di calcolo e di formulazione di strategie e la coordinazione oculo-motoria.

Effetti negativi: isolamento dalla realtà, mancanza di empatia, sedentarietà, sovrappeso, eccessivo senso di potere e controllo e disturbi della vista.

Nell’era di internet non possiamo impedire ai nostri figli di utilizzare videogiochi, al contrario per impedire che siano esposti a pericolo, è fondamentale parlare con loro, ascoltarli, giocare e rispondere alle loro richieste con serenità e pazienza. Supervisionare i propri figli in modo silenzioso e discreto è la scelta migliore per infondere loro fiducia e responsabilizzarli, indirizzandoli così verso una crescita più matura e sicura di sé.

Per saperne di più: https://www.stateofmind.it/2019/06/videogiochi-violenti-bambini/

STATE OF MIND il giornale delle scienze psicologiche

Articolo: 165889 – Pubblicato il: 18 giugno 2019 di Stefania Partipilo

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