La carenza di sonno sembra essere tipica dell’adolescenza e diversi studi si sono occupati dell’argomento indagandone nello specifico gli effetti.

È importante notare che un ritardo nel bedtime (l’orario nel quale si va a dormire) durante la seconda decade di vita è stato osservato in oltre 16 Paesi nei 6 continenti, in culture che vanno dal preindustriale al moderno. Non è tuttavia chiaro quante ore di sonno necessiti un adolescente.

Malgrado il sonno sia un argomento largamente rappresentato in letteratura, ancora non si conosce quale sia la sua particolare funzione. Il sonno ristoratore sembra essere particolarmente importante durante il periodo dello sviluppo cerebrale, ovvero durante l’adolescenza. In questo momento di vita i ritmi circadiani individuali possono subire modifiche a causa dell’abitudine di dormire a lungo durante il fine settimana per compensare la carenza di sonno accumulata nei giorni scolastici. I sintomi che possono emergere sono simili a quelli da jet-lag: affaticamento, difficoltà di addormentamento la sera e difficoltà di risveglio al mattino. La società attuale deve inoltre fare i conti con il fatto che, a differenza di epoche precedenti, gli adolescenti hanno oggi a disposizione moltissime attività stimolanti anche dopo il tramonto: possono utilizzare smartphones, tablet, computer, televisione, impegnarsi in attività di socializzazione fino a tardi, accedere a sostanze fisiologicamente stimolanti quali caffeina e nicotina.

Queste variabili vengono ulteriormente accompagnate dalle componenti emotive, di stress sociale e processuale (ruminazione e rimuginio) tipiche dell’adolescenza (Dahl & Lewin, 2002).

È importante notare che un ritardo nel bedtime (l’orario nel quale si va a dormire) durante la seconda decade di vita è stato osservato in oltre 16 Paesi nei 6 continenti, in culture che vanno dal preindustriale al moderno. Sebbene la maggior parte degli studi siano stati trasversali, le misure longitudinali retrospettive confermano che il bedtime è ritardato durante l’adolescenza (Hagenauer, Perryman, Lee & Carskadon, 2009). Non è tuttavia chiaro quante ore di sonno necessiti un adolescente, ed i suggerimenti in merito si possono riassumere in: le ore necessarie a permettere un funzionamento ottimale durante il giorno. Tale indicazione può essere dovuta al fatto che il sonno necessario può variare individualmente e che il ciclo sonno-veglia è particolarmente complesso. A tal proposito è importante considerare il modo in cui la maturazione durante la pubertà, che include cambiamenti fisici e mentali in preparazione dell’età adulta, implichi cambiamenti anche nel sistema di vigilanza. Questi cambiamenti sembrano includere una maggior probabilità di interruzione del sonno da parte degli stressor sociali, tra cui paure, ansie ed arousal emotivo: sembra infatti che il sistema di sonno degli adolescenti diventi più vulnerabile allo stress in un momento in cui turbolenze e difficoltà sociali sono spesso in aumento. La qualità del sonno in età adolescenziale può essere messa in relazione allo stress scolastico: in termini fisiologici, gli stressor acuti e cronici hanno un effetto pronunciato sull’architettura del sonno e sui ritmi circadiani, e sia lo stress che il sonno sono strettamente collegati all’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Tale sistema svolge un ruolo fondamentale nella normale regolazione del ritmo sonno-veglia e nel suo riadattamento dovuto all’esposizione a fattori di stress acuti o cronici (Van Reeth, Weibel, Spiegel, Leproult, Dugovic & Maccari, 2000).

Ma quali sono gli effetti della carenza di sonno? Dalla lettura di una review sull’argomento, in particolare sulla correlazione tra deprivazione di sonno e regolazione emotiva, ne emergono i principali (Dahl, 1999).

Il primo ad essere definito è la sonnolenza, ovvero la difficoltà a svegliarsi il mattino, con conseguente ritardo per andare a scuola e tendenza ad avere micro-sonni diurni. La sonnolenza è più problematica durante i momenti di bassa stimolazione come nel caso di una lezione, di una lettura, della guida di un veicolo, o mentre si svolgono compiti ripetitivi. Attività altamente stimolanti – in particolare quelle che implicano attività fisica o arousal emotivo – possono spesso mascherare livelli moderati di sonnolenza. Così, molti adolescenti con deprivazione di sonno riferiscono di riuscire a fare tardi la sera senza sentirsi stanchi, mentre se dovessero stare in silenzio a leggere si addormenterebbero in pochi minuti.

Un altro effetto è la stanchezza, che determina un cambiamento nella motivazione all’esecuzione delle attività quotidiane. Gli effetti della stanchezza sono meno evidenti quando si eseguono attività che sono naturalmente coinvolgenti, eccitanti o minacciose, forse perché è più facile reclutare ulteriore sforzo per compensare la fatica. Viceversa, gli effetti della stanchezza sono più pronunciati per i compiti che richiedono che la motivazione sia derivata da obiettivi o conseguenze astratte (ad esempio, leggere o studiare materiale non interessante al fine di aumentare le possibilità di raggiungere ricompense future).

Viene inoltre sensibilmente alterato l’umore e possono esserci manifestazioni di irritabilità, instabilità emotiva e bassa tolleranza della frustrazione. I principali cambiamenti emotivi successivi alla perdita del sonno suggeriscono una diminuzione della capacità di controllare, inibire o modificare le risposte emotive per allinearle agli obiettivi a lungo termine, alle regole sociali o ad altri principi appresi. Il controllo efficace sull’emotività coinvolge regioni della corteccia prefrontale del cervello che sono simili a quelle discusse in precedenza riguardo agli obiettivi astratti. Cambiamenti nella regolazione emotiva conseguenti ad un controllo ridotto in seguito alla carenza di sonno potrebbero avere gravi conseguenze in molti comportamenti ad alto rischio tra gli adolescenti. L’incapacità di controllare le risposte emotive potrebbe influenzare l’aggressività, il comportamento sessuale, l’uso di alcol e droghe e la guida rischiosa.

Per quanto riguarda gli effetti della carenza di sonno su attenzione e comportamento, si definiscono tre elementi principali. Il primo è che la perdita di sonno è associata a brevi momenti di mancanza di attenzione durante compiti semplici, che possono essere parzialmente compensati da un maggiore sforzo o motivazione. Il secondo è che la carenza di sonno può talvolta simulare o esacerbare i sintomi dell’ADHD (deficit di attenzione/iperattività) tra i quali distraibilità, impulsività e difficoltà nel mantenere il controllo dell’attenzione. Infine, ci sono prove evidenti che la carenza di sonno influisca sulla capacità di eseguire compiti complessi che richiedono attenzione in due o più aree contemporaneamente. Se da un lato le prestazioni e le capacità cognitive possono essere mantenute per un breve intervallo di tempo, dall’altro tutto risulta più difficile da eseguire. Come sottolinea l’autore, questa sembra essere la caratteristica più importante della carenza di sonno: occorre uno sforzo maggiore per eseguire le stesse attività cognitive, emotive o fisiche (Dahl, 1999).

Da uno studio emerge che gli studenti, dopo una notte con poche ore di sonno, non mostrano significativi cambiamenti di performance in un difficile compito al computer e non mostrano alcun cambiamento nell’equilibrio posturale. Tuttavia, quest’ultimo sembra essere influenzato negativamente dalla deprivazione di sonno quando gli studenti si impegnano in entrambi i compiti contemporaneamente. In recenti studi pilota si è trovato lo stesso modello di risultati in adolescenti che svolgono compiti cognitivi ed emotivi. Questi ultimi risultati hanno due importanti implicazioni: la prima è che l’abbassamento delle prestazioni di doppio compito (come controllare pensieri ed emozioni al medesimo tempo) sembra essere un effetto sottile della deprivazione da sonno, la seconda è che la fluidità in questo duplice compito è la base della competenza sociale, ovvero la sfida presente nella quotidianità di ogni adolescente. Le competenze sociali richiedono infatti lo sviluppo di diverse capacità, tra cui pensare e risolvere problemi mentre si gestiscono le reazioni emotive delle situazioni sociali complesse, usare l’autocontrollo emotivo e degli impulsi mentre si perseguono i propri obiettivi, sperimentare la rabbia e soppesare le conseguenze a lungo termine delle proprie azioni. Questi risultati sottolineano l’importante ruolo del pattern di sonno nel normale sviluppo delle competenze sociali di una persona (Dahl, 1999).

Molti studi hanno evidenziato che alcuni tipi di compiti complessi possono essere particolarmente sensibili alla carenza di sonno. James Horne ha dimostrato come i compiti duali e i compiti che richiedono creatività o flessibilità di pensiero, che richiedono un’elaborazione astratta nell’area della corteccia prefrontale, vengano influenzati negativamente dalla deprivazione di sonno (Horne, 1993).

Tali effetti emotivi e comportamentali, da non sottovalutare, sembrano avere un impatto importante nella quotidianità ed aumentare il rischio di avere incidenti (Dahl, 1999). Sicuramente è bene tenere presente il contesto in cui questi studi sono stati fatti, ovvero negli Stati Uniti, dove già a 16 anni i ragazzi possono ottenere la patente di guida e quindi trovarsi in potenziali situazioni a rischio in caso di deprivazione da sonno. Anche nel nostro Paese questi dati e le loro implicazioni indicano la necessità di porre attenzione ai potenziali rischi conseguenti alla deprivazione di sonno nella quotidianità degli adolescenti, investendo su programmi di educazione alla salute volti a migliorare la qualità del sonno e a spiegarne l’importanza.

Ci sembra interessante riportare inoltre alcuni risultati di studi che indagano le caratteristiche comuni tra gli effetti della deprivazione di sonno e l’ADHD. Per quanto riguarda il controllo di comportamenti, attenzione ed impulsi, da una review emerge che vi è un aumento del tasso di disturbi del sonno in bambini con diagnosi di ADHD. Inoltre, vi sono studi che riportano che in bambini curati con trattamento per disturbi del sonno sono migliorati i sintomi di ADHD. Riguardo alle cure inoltre, sembra che sia i sintomi legati alla deprivazione del sonno sia quelli legati all’ADHD rispondano all’utilizzo di farmaci stimolanti (Dahl, 1999).

E’ necessario indagare questa connessione con nuovi studi, ma alla luce di questi dati si possono trovare dei validi suggerimenti da applicare alla pratica clinica: per ogni bambino o adolescente che mostra sintomi di ADHD è importante favorire un buon sonno notturno ed un normale ciclo sonno-veglia, per evitare che le conseguenze della perdita di sonno possano esacerbare i sintomi dell’ADHD.

Sonno, umore e regolazione emotiva: sono in relazione tra loro?

Un aspetto particolarmente rilevante trattato negli studi che abbiamo considerato è l’analisi della relazione tra deprivazione di sonno e regolazione emotiva.

In una ricerca è stata analizzata la relazione tra lo stress accademico e la qualità del sonno degli adolescenti, indagando quale fosse l’effetto di mediazione del burnout scolastico e della depressione su questa relazione. I risultati hanno mostrato che lo stress accademico era negativamente correlato con qualità del sonno misurata dal PSQI (Chinese version of the Pittsburgh Sleep Quality Index). Il burnout scolastico e la depressione sembrano inoltre avere entrambi una funzione di mediazione tra lo stress accademico e la qualità del sonno. È stato riscontrato che livelli più elevati di stress accademico sono associati a molti disturbi del sonno adolescenziale, tra cui difficoltà a dormire, insufficienza della durata del sonno e disfunzioni diurne (Yan, Lin, Su, & Liu, 2018). Gli autori portano l’attenzione sul fatto che la depressione sembra essere non solo una delle principali conseguenze di un alto livello di stress accademico, ma anche uno dei fattori emotivi negativi che influisce in modo più significativo sulla qualità del sonno. Quando gli adolescenti sperimentano alti livelli di stress accademico o difficoltà accademiche, ricevono spesso feedback negativi riguardo al rendimento scolastico e, di conseguenza, sviluppano sentimenti depressivi. La depressione può inibire determinate aree della corteccia cerebrale e indurre eccitabilità incontrollabile in altre aree, riducendo così la qualità del sonno degli adolescenti. Studi precedenti hanno suggerito che questa sintomatologia della sindrome del burnout sia correlata positivamente con scarsa qualità del sonno (Yan et al., 2018).

Studi e interventi scolastici: quali implicazioni

La letteratura riporta diversi studi di efficacia di interventi scolastici sull’igiene del sonno. I fattori che contribuiscono alla perdita di sonno includono l’orario di inizio delle lezioni scolastiche e le varie influenze biologiche e sociali, pertanto ci sembra interessante l’approccio di alcune realtà dove gli orari di inizio delle scuole medie e superiori sono stati ritardati (Dahl, 1999). Hagenauer e colleghi (2009) sostengono questo approccio riportando che, oltre ad offrire la possibilità di dormire per un numero maggiore di ore, può portare al risultato di una diminuzione dell’assenteismo e dei tassi di abbandono scolastico. Oltre a sperimentare un orario diverso, le scuole possono aiutare gli adolescenti a modificare i propri schemi di sonno attraverso programmi di educazione e prevenzione. Solitamente i programmi consigliano buone prassi quali, ad esempio, la riduzione dell’esposizione alla luce durante la notte e dell’uso di computer o TV immediatamente prima di coricarsi, e l’introduzione di attività all’aperto durante la mattinata scolastica. Queste abitudini andrebbero infatti ad agire sul ritmo circadiano degli adolescenti, riducendone i problemi di addormentamento (Hagenauer et al., 2009). La scuola si può impegnare inoltre nel guidare e supportare gli adolescenti, aiutandoli a gestire stress ed emozioni spiacevoli e prevenire il burnout scolastico associato anche a situazioni di carenza di sonno (Yan et al., 2018).

Uno studio ha mostrato che un graduale aumento delle ore di sonno, in combinazione con incontri informativi sull’igiene del sonno, può risultare in un effetto positivo sull’umore degli adolescenti (Dewald-Kaufmann, Oort & Meijer, 2014). Questa ricerca, effettuata su un gruppo di 55 adolescenti che cronicamente dormivano poco, indica la presenza di una correlazione positiva tra il numero di ore di sonno ed il tono dell’umore: chi dorme meno, infatti, soffrirebbe maggiormente di sintomi depressivi. Nello specifico, il gruppo sperimentale doveva estendere in modo graduale il proprio sonno e riceveva informazioni di carattere psicoeducativo, legate all’uso dei social media, al consumo di caffeina, all’abitudine di dormire durante il giorno e alle caratteristiche dell’ambiente nel quale dormivano. Gli autori hanno istruito i partecipanti del gruppo sperimentale a mantenere lo stesso programma del dormire non solo durante i giorni settimanali, ma anche durante il fine settimana. In questo studio il gruppo di controllo non riceveva alcuna istruzione. Coerentemente con la domanda di ricerca, il gruppo sperimentale si è addormentato prima nella seconda e terza settimana, rispetto alla settimana baseline. Inoltre, il gruppo sperimentale ha riportato meno sonnolenza durante il giorno, meno sintomi di insonnia e depressivi, rispetto al gruppo di controllo. L’estensione del sonno sembra non aver comportato effetti negativi su altri aspetti. Gli autori dello studio concludono che gli adolescenti con riduzione di sonno cronica riescono ad avere un sonno di qualità, quando hanno la possibilità di farlo. Inoltre, l’estensione graduale del sonno in combinazione alle informazioni sull’igiene del sonno sembra dare benefici sulla qualità del sonno e sui sintomi depressivi del campione incluso nello studio. In particolare, gli autori concludono che sia molto importante tenere in considerazione la variabile sonno nel momento in cui si trattino clinicamente sintomi depressivi.

Altri autori sottolineano la funzione positiva, in quanto fattori protettivi, di attività fisica e delle informazioni sull’igiene del sonno (Wolfson, Harkins, Johnson & Marco, 2015). Questo recente studio propone di valutare l’efficacia del programma Sleep Smart. Questo consiste in un programma educativo basato sull’apprendimento sociale ed ha l’obiettivo di migliorare la salute e le abitudini del sonno degli adolescenti (Bandura, 1997). Si propone inoltre di migliorare la performance scolastica ed il benessere comportamentale. Gli autori ipotizzano che il gruppo sperimentale dorma più tempo, sviluppi abitudini migliori e riporti un maggiore senso di efficacia a proposito delle abitudini del sonno, abbia un migliore rendimento scolastico e minori problemi comportamentali rispetto al gruppo di controllo.

Lo studio prevedeva che il gruppo sperimentale partecipasse in piccoli gruppi da circa 10 studenti ad un programma di 8 incontri (da 40 minuti ciascuno) di educazione alla salute del sonno, tenuto da professionisti. Il programma Sleep Smart prevedeva inoltre che la motivazione dei partecipanti venisse mantenuta anche attraverso piccoli riconoscimenti materiali quali, ad esempio, biglietti plastificati riassuntivi delle buone pratiche del sonno, bottigliette d’acqua e penne personalizzate per la trascrizione del diario del sonno. Anche i genitori dei partecipanti venivano informati riguardo il contenuto delle sessioni attraverso newsletter settimanali. Per questo studio gli autori si sono concentrati sulle domande relative agli aspetti fisiologici, cognitivi, emotivi, ambientali e della routine del bedtime. Era richiesta anche la compilazione di un diario del sonno e della veglia, sul quale i partecipanti annotavano informazioni riguardanti anche il consumo di caffeina e l’uso di dispositivi dotati di schermo durante l’ora precedente l’addormentamento. Sembra infatti che l’uso di dispositivi elettronici dotati di schermo si associ ad una riduzione della durata del sonno e ad un aumento dei problemi di sonno sia nei bambini che negli adolescenti. Una variabile esaminata è stata anche la performance scolastica.

Dai risultati emerge che il programma Sleep Smart sembra aver aiutato i partecipanti in termini di competenza e senso di efficacia riguardo alle abitudini legate al sonno. Rispetto al gruppo di controllo, il gruppo sperimentale ha infatti migliorato in modo duraturo l’igiene del sonno, aumentato il tempo trascorso a letto durante tutti i giorni della settimana e diminuito il consumo di caffeina. Malgrado non si possa trarre alcun nesso causale, poiché le analisi statistiche effettuate non lo permettono, nel gruppo sperimentale si rileva anche una stabilità dei risultati scolastici, che rimangono più elevati rispetto al gruppo di controllo (Wolfson et al., 2015).

Conclusione

Dal punto di vista clinico, i risultati dello studio di Van Reeth e collaboratori (2000) sottolineano la necessità di considerazioni diagnostiche differenziali nel trattamento del sonno e dei disturbi circadiani negli adolescenti. Ciò appare particolarmente importante per la diagnosi dei disturbi della fase circadiana, come i disturbi ritardati o avanzati della fase di sonno, nonché per l’insonnia e la narcolessia (Hagenauer et al., 2009). In conclusione, sembra emergere la necessità di dare maggior importanza e spazio ad interventi preventivi scolastici sull’igiene del sonno, attraverso la formazione di insegnanti ed educatori o la collaborazione con personale specializzato. Questo tipo di interventi potrebbe aumentare la consapevolezza dei primi segnali di disagio nei ragazzi, del forte rischio di burnout scolastico e della depressione correlati alla deprivazione di sonno e dunque prevenire questi fenomeni attraverso la promozione di buone prassi educative sull’igiene del sonno.

Scritto da: Elena TonazzolliMarta Venturini

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