Ultima modifica: 02 Gennaio 2017

Crisi di pianto, scoppi d’ira, rabbia esplosiva…questi comportamenti spesso frequenti tra i bambini possono mettere in difficoltà genitori ed insegnanti; in realtà rappresentano delle preziose opportunità per aiutare i piccoli a sviluppare la propria intelligenza emotiva, grazie ad alcuni esempi e suggerimenti pratici che verranno forniti nel corso dell’articolo.

Un numero crescente di ricerche lo conferma: i bambini più sereni, più sicuri di sé, migliori a scuola e anche più felici sono quelli con un’intelligenza emotiva più sviluppata. E non solo: sono anche coloro che, da adulti, sapranno affrontare in maniera efficace tutte le difficoltà e le sfide che la vita porrà loro dinanzi. Utilizzando quindi un’espressione di Howard Gardner, si può dire senza ombra di dubbio che l’intelligenza emotiva sia una vera e propria “chiave per il futuro”!

Intelligenti emotivi si nasce o si diventa?

Anche su questo le ricerche sono concordi: l’intelligenza emotiva, ovvero la capacità di riconoscere, comprendere utilizzare e gestire in modo consapevole le emozioni proprie ed altrui, può – e anzi, direi dovrebbe- essere insegnata, in famiglia come nella scuola.

Secondo gli psicologi dello sviluppo, genitori, insegnanti ed educatori possono rappresentare per i più piccoli dei veri e propri “allenatori emotivi”, nel momento in cui si mostrano capaci di parlare dei propri sentimenti, di dare loro un nome e di trovare una soluzione all’emozione negativa. Viceversa, un atteggiamento che sminuisce, rimprovera o non fornisce una guida all’ espressione delle emozioni, impedisce al bambino di instaurare un rapporto sereno con la propria sfera affettiva, esponendolo al rischio di problematiche comportamentali e psicologiche future.

Ma cosa fa concretamente un allenatore emotivo?

Lo psicologo Gottman, che si è occupato di identifica le caratteristiche e le capacità proprie di un “allenatore emotivo”, ha evidenziato una serie di strategie:

  • Cercare di comprendere la causa dell’emozione

È molto difficile sentire pronunciare dai bambini- specie se molto piccoli- frasi come “Sono molto agitato perché domani è il primo giorno di scuola” o “Sono triste perché Marco non è venuto a giocare con me”. È quindi compito del genitore riuscire a mettersi nei suoi panni per cercare di comprendere quale evento possa essere all’origine della sua emozione (la nascita di un fratellino, il litigio con un amico, l’ingresso alla scuola materna, un insuccesso scolastico…)

  • Considerare ogni emozione negativa come una buona occasione per allenare il proprio figlio e ascoltarlo senza dare giudizi né soluzioni

Davanti alle manifestazioni emotive del bambino, non bisogna arrabbiarsi, spaventarsi e lasciarsi travolgere da emozioni negative, ma pensare di avere davanti una buona occasione e porsi nella posizione di ascolto empatico.

Sedersi alla sua altezza, parlargli in modo rilassato, dedicargli del tempo, dimostrare di capire cosa prova, senza sminuire, criticare o ignorare le manifestazioni emotive del bambino. Frasi come “immagino quanto tu sia preoccupato per la verifica di matematica!”, “capisco che tu sia triste per aver litigato con il tuo compagno” rimandano al bambino il messaggio che la propria emozione ha valore, va ascoltata e che c’è qualcuno capace di comprenderla.

E se proprio temiamo le crisi di rabbia o di pianto dei nostri bambini, possiamo anche agire preventivamente: se ad esempio si mostra impaurito per la visita dal medico del giorno dopo, aiutarlo a condividere questa emozione nei giorni precedenti lo aiuterà ad affrontare questo momento senza crisi di pianto!

  • Aiutare il bambino a definire le emozioni che prova

Le sensazioni emotive possono risultare confuse, poco chiare, e quindi spaventose per un bambino se non c’è un nome con cui chiamarle. È importante quindi che parole come tristezza, noia, paura, rabbia…entrino a far parte del vocabolario del bambino: studi recenti hanno inoltre dimostrato come dare un nome alle emozioni abbia un effetto rasserenante sul sistema nervoso e aiuti quindi ad uscire più in fretta dallo stato d turbamento.

  • Porre dei limiti al comportamenti sbagliati e aiutare il bambino a trovare da solo una soluzione alternativa

Se da una parte bisogna accogliere l’emozione negativa, dall’altra è necessario far capire al bambino come alcuni comportamenti sono inaccettabili, senza ricorrere a comportamenti che possono ferire la dignità del bambino (sculacciate, urla e punizioni umilianti), ma incoraggiandolo a trovare soluzioni alternative, ad esempio con frasi come “capisco che Marco ti ha fatto arrabbiare perché ti ha preso la macchinina, ma non va bene che lo picchi per questo. Cosa potresti fare?”

La ricerca di soluzioni alternative accettabili può essere facilitata attraverso un gioco che metta in scena l’accaduto o, per i bambini più grandi, attraverso la stesura di una lista. Può essere utile anche ricordare al bambino situazioni passate simili fronteggiate con successo, o raccontare la propria esperienza in circostanze analoghe.

Dopo aver individuato delle soluzioni, bisogna accompagnare il bambino nella scelta della soluzione migliore, aiutandolo ad immaginare come si sentiranno lui e gli altri dopo quel comportamento: “come ti sentiresti dopo aver fatto così?, come si sentirebbero gli altri?”.

La scelta del bambino deve essere assolutamente libera: il fallimento offre un importante opportunità per imparare, quando c’è accanto un adulto pronto a sostenere e che incoraggia a sperimentare un’altra alternativa!

Insegnare ai bambini a conoscere, gestire ed utilizzare le proprie emozioni significa equipaggiarli di una competenza che permetterà loro di essere non solo dei bambini e degli adulti più sereni, ma anche più protetti rispetto al rischio di future problematiche psicologiche e comportamentali. Inoltre, offre anche all’adulto una preziosa occasione per continuare ad allenare la propria intelligenza emotiva, in quello scambio arricchente che rende così affascinante l’educazione e la crescita dei più piccoli.

Scritto da Dr.ssa Arianna Frisina 

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